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Addio al frate che fondò la «piccola Onu» di Spini

È morto padre Contardo Zeni: dopo 10 anni di missione in Africa aprì a Gardolo una casa per studenti del Mozambico, che poi accolse ragazzi di tutto il mondo


di Luca Marognoli


TRENTO. «Una piccola Onu». Dove studenti di religioni e costumi diversi vivevano assieme nella quotidianità, in una vera “università” di culture. Padre Contardo Zeni, Mario all’anagrafe, amava chiamare con quelle parole la casa che aveva aperto a Spini di Gardolo, negli anni ’80, per dare alloggio prima ai ragazzi del Mozambico, dove aveva fatto il missionario per 10 anni, e poi a quelli di tutto il mondo. Il frate cappuccino è scomparso all’età di 88 anni nell'infermeria dell’ordine, a Rovereto, dove sarà celebrato il funerale martedì alle 14, nella chiesa di Santa Caterina.

«Nato nel 1929 a Cavalese, era stato vestito frate nel ’47 e ordinato sacerdote nel ’54», rammenta padre Modesto Sartori, confessore in San Lorenzo, per 17 anni superiore provinciale dei cappuccini. «Aveva insegnato per un periodo in Seminario, poi era partito per la missione. Rimase in Mozambico dal ’62 fino al ’72, dove operò un po' in tutte le stazioni missionarie, come Quelimane, Namacurra e Cualane. Al ritorno, ricoprì il ruolo di superiore in alcuni luoghi. La casa delle Ghiaie fu lui a realizzarla: ricordo che io, all’epoca superiore provinciale, andai a benedirla. Padre Contardo teneva a ricordare una cosa: era stato scolaro all'Opera Serafica di Cognola e la sua maestra era stata Chiara Lubich». Un frate «che si è impegnato molto nelle missioni, per il Mozambico nello specifico. Gli è rimasta dentro questa nostalgia e teneva i rapporti con i missionari e i loro parenti. Aveva un carattere forte, ma sapendolo prendere diventava un agnellino».

Wintana Nalawi, eritrea, laureata in Mediazione linguistica e Studi internazionali, è stata ospite a Spini: «Aveva ricavato quell’alloggio, che adesso di chiama Casa San Francesco d'Assisi, da un'ex officina meccanica», spiega. «All'inizio la usò come deposito di utensili e vestiti da mandare in Mozambico, poi nacque il progetto di ristrutturarla e di accogliere gli studenti che venivano da quel paese, una ventina. Tra il ’95 e il ’98, quando terminarono gli studi, molti di loro tornarono in patria e lui aprì la porta a ragazzi di altre parti del mondo, come Cina, Tibet, Eritrea, Kenya, Tanzania e Brasile. C'erano diverse religioni e stili di vita e ha sempre cercato di trovare un momento di incontro per condividere le nostre preghiere e confrontarsi con noi. Nella cappella c'erano il Corano, la Bibbia e un seme portato da una ragazza buddista. Chiamava quella casa “una piccola Onu”. Padre Contardo ha lasciato un segno molto forte: era un papà che se poteva ci dava anche una mano con l’affitto». I “suoi ragazzi” gli hanno fatto compagnia fino alla fine: «Avevamo la nostra chat e ci alternavamo nell'andare a trovarlo», aggiunge Wintana. «Era contento della vita che aveva fatto e diceva sempre che era pronto. La morte è stata improvvisa per noi, non per lui». La casa oggi è una realtà più viva che mai: a gestirla c’è padre Giorgio, che porta avanti l’opera di Contardo.

Lo ricorda per la sua «grandezza e lungimiranza» Lia Giovanazzi Beltrami: «Dopo anni di missione in Mozambico era rientrato a Trento dove guidava il Centro Missioni Cappuccini con sede in via Grazioli. Fu il primo ad appoggiare l’idea del festival Religion Today, fornendo concretamente la sede per i primi anni e supportato la nascita del festival in ogni modo. Fu il presidente dell’associazione BiancoNero che diede vita alle prime rassegne di Cinema Africana a Trento nel 1996. Diede vita anche al primo incontro delle associazioni trentine di volontariato nei Paesi in via di Sviluppo, con una grande mostra la chiostro dei Cappuccini nel 1997. Riuscì a “vedere oltre” e aprì la prima casa di ospitalità per studenti africani a Gardolo. Ospitò il presidente del Mozambico, J. Chissano che gli disse: “Caro padre Contardo, grazie per l’immenso lavoro che fa. È molto meglio uno studente laureato che torna in patria piuttosto che un chilometro di strada nuova.”».













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