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Accuse di spaccio sul web, il profugo denuncia Cia

Il consigliere aveva postato su Facebook la foto di un ragazzo di colore arrestato ma c’era stato uno scambio di persona. E il senegalese lo accusa di diffamazione



TRENTO. «Fuori uno...spacciatore inseguito in stazione e preso. Altra giornata calda in Piazza Dante...adesso vedremo che fine farà». Era il 16 giugno quando sulla pagina Facebook del consigliere provinciale di «Agire», Claudio Cia, era comparsa questa frase assieme alla foto di un uomo di colore con le manette i polsi portato fuori dalla stazione delle corriere dai carabinieri. Ma spacciatore quell’uomo non era. Si era trattato - come è stato poi acclarato dal giudice - di uno scambio di persona e lui, senegalese richiedente asilo con un passato di lavoratore sui pescherecci prima del lungo viaggio che lo ha portato in Italia, con la droga non aveva nulla a che fare. Assoluzione piena per non aver commesso il fatto e ora la decisione di presentare una querela per diffamazione aggravata e violazione della privacy contro Cia.

A sostenere il giovane nella vicenda giudiziaria, l’avvocato Giorgio Pontalti che sottolinea anche come - sempre sulla pagina Facebook del consigliere provinciale - il giorno seguente il fatto si parlasse di una condanna per spaccio. Cosa falsa visto che c’era stata la convalida e il rinvio. Nessuna condanna. Anzi, nei giorni successivi è arrivata l’assoluzione. Dopo qualche settimana di riflessione, la decisione di denunciare, conseguenza della ferma volontà del senegalese. Che non mira ad una «soddisfazione» economica, ma a veder riconosciuta la lesione dei suoi diritti. Anche perché la notizia del suo arresto aveva fatto - ed è una diretta conseguenza dell’uso di internet - il giro del mondo arrivando anche in Senegal, ai parenti e amici del giovane.

«Rispetto la scelta del ragazzo - commenta Cia - e attendo la decisione del giudice. Ho dato mandato al mio avvocato, Marcello Paiar, di occuparsi del caso e spero di esser convocato quanto prima per poter spiegare. Errare è umano e quando mi sono reso conto del mio errore ho chiesto scusa dando al “mea culpa” sulla mia pagina Facebook la stessa visibilità che avevo dato all’”arresto”. Avevo anche inviato le mie scuse ai giornali per cercare di fare tutto il possibile perché tutti sapessero del mio errore. Subito mi sono detto disponibile ad incontrare il giovane e a risarcirlo. Non mi sono mai nascosto e non lo farò anche adesso. La cosa che mi ferisce di più è di esser passato per un razzista. E io non lo sono».













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