Acciaieria sequestrataBufera sull'Appa

Dellai: "I nostri uffici occupati come se fosse un'emergenza criminale"



TRENTO. «Io so solo che una nutrita pattuglia di forestali dello Stato ha occupato i nostri uffici come se fossimo in presenza di un’emergenza criminale». Il presidente della Provincia Lorenzo Dellai è all’Aquila per la consegna di altre casette ai terremotati e non nasconde l’irritazione per la lunga perquisizione della sede dell’Appa. Gli agenti del Corpo forestale sono arrivati nella prima mattinata e se ne sono andati solo nel tardo pomeriggio.
 «Se si accertasse una gestione non corretta dei rilevamenti e dell’analisi da parte dell’Acciaieria di Borgo o di un laboratorio di certificazione privato, sarebbe un fatto gravissimo, un insulto verso tutta la comunità trentina, per il quale agiremo con la massima severità». L’assessore all’Ambiente e vicepresidente della Provincia Alberto Pacher condanna le eventuali falsificazioni e tiene a sottolineare che la Provincia e l’Appa hanno usato la massima prudenza nel dare l’autorizzazione integrata ambientale. Già ieri mattina Pacher aveva dato una prima sommaria informazione ai capigruppo in Consiglio provinciale. I lavori erano stati interrotti su richiesta del verde Roberto Bombarda. Tutti i capigruppo si sono riuniti in una sala attigua a quella del Consiglio. Le informazioni erano ancora frammentarie. Pacher ha letto il primo comunicato diffuso dalla forestale di Vicenza, che parlava di quattro funzionari dell’Appa indagati, tra i quali il dirigente Giancarlo Anderle, e ha aggiunto che la perquisizione degli uffici dell’agenzia era ancora in corso. Alcuni capigruppo si sono detti stupiti e amareggiati per la situazione.
 Pacher, poi, ha seguito l’evolversi della vicenda fino a sera, quando la forestale ha lasciato gli uffici dell’Appa. Il vicepresidente non nasconde la preoccupazione: «Stiamo seguendo la vicenda con preoccupazione e grande attenzione. L’intera struttura tecnica dell’Appa ha collaborato con gli inquirenti, fornendo i materiali richiesti e per l’acquisizione delle informazioni necessarie». Pacher poi esprime fiducia nei confronti dei quattro funzionari provinciali indagati: «Per la parte che riguarda l’Appa i tecnici che in questo momento sono stati coinvolti, sono conosciuti e stimati e siamo davvero convinti che queste indagini dimostreranno la loro estraneità».
 Poi Pacher ricostruisce tecnicamente le tappe della vicenda: «Nel 2007, quando l’acciaieria di Borgo richiese l’Autorizzazione integrata ambientale, l’Appa decise di dare un limite per le emissioni di diossine e furani dai due camini dello stabilimento molto più basso, un ventesimo, rispetto a quello previsto dalle norme nazionali. A livello nazionale era previsto il tetto di 10.000 nanogrammi per metro cubo e l’Appa diede il limite di 500 nanogrammi. L’autorizzazione, però, prevedeva che l’impianto venisse adeguato alle migliori tecnologie del settore. Così nell’agosto del 2009, quando l’azienda ha chiesto l’adeguamento dell’autorizzazione, il limite venne abbassato di un millesimo arrivando a 0,5 nanogrammi per metro cubo. Si tratta dei limiti più bassi previsti a livello di Unione europea. Un limite tanto restrittivo che le acciaierie hanno deciso di fare ricorso contro la delibera che lo stabiliva. Questo ricorso è stato respinto dalla giunta provinciale giusto la settimana scorsa. Quindi dal punto di vista dei limiti entro i quali l’azienda doveva muoversi, noi siamo a posto. Abbiamo rispettato le normative nazionali e comunitarie».
 L’assessore all’ambiente spiega anche l’Appa comunque non solo si è fidata delle analisi affidate al laboratorio privato, ma ha anche svolto proprie analisi sulle emissioni dell’acciaieria: «I controlli sono stati svolti nel 2008 e le emissioni erano in regola, sotto i limiti che c’erano allora. Poi le analisi sono sempre state prodotte dall’azienda. Si trattava di analisi di un laboratorio certificato. L’Appa le ha prese per buone. Se le indagini dovessero far emergere che queste analisi fossero state falsificate, saremmo di fronte a una grave offesa non solo nei confronti della Provincia, ma di tutta la comunità trentina. Sarebbe un crimine gravissimo. Comunque, noi abbiamo la massima fiducia nel lavoro della magistratura e siamo certi che saprà fare chiarezza in tempi brevi».
 Da ricordare che la commissione consiliare presieduta da Bombarda aveva già svolto un’indagine a hoc sull’ex cava del monte Zaccon, a Marter, sulla quale è aperta un’altra inchiesta della Procura di Trento e della forestale per il deposito di rifiuti tossici.













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