È boom dell’arrampicata, servono più sicurezza e servizi

Valle dei Laghi: da Toblino a Cavedine le pareti rocciose prese d’assalto dai turisti, ma manca un progetto per chiarire competenze e responsabilità e per promuovere quest’attrazione


di Mariano Bosetti


VALLE DEI LAGHI. Da tempo la valle dei Laghi con un territorio stimolante per le peculiarità ambientali, per la storia e la cultura che sta cercando di ritagliarsi degli spazi di competitività (prodotti di nicchia, sviluppo dell’agricoltura biologica,…) si sta interrogando sul tipo di promozione turistica da sviluppare nella consapevolezza che comunque ci si debba diversificare. Una delle attrazioni, che attirano soprattutto clientela d’Oltralpe e che sono nate per così dire quasi casualmente all’infuori di qualsiasi programmazione, sono le arrampicate: ne troviamo un po’ ovunque sparse nel bacino valligiano: dalla conca di Toblino (parte inferiore della val di Ranzo), alle pareti dei “Dain Picol” (monte Garzolet), sulla collina di S. Siro (Lasino), alla “Cosina” di Stravino, ai “Monti di Cavedine” … tanto per citare quelle più gettonate.

In effetti nei fine settimana sono letteralmente prese d’assalto da ospiti tedeschi ed austriaci (segnate sulle loro cartine), con una particolare predilezione per quelle di Toblino, come testimoniano le foto, che grazie al clima mediterraneo della conca sono fruibili per tutto l’anno anche in inverno. Per quest’ultima l’ attività dell’arrampicata era stata promossa dall’associazione “Sisiphos”, che ne curava, grazie a qualche contributo comunale, anche la manutenzione. Dopo una decina d’anni circa tale associazione finiva di operare e il presidente informava l’allora sindaco di Calavino dello scioglimento e della trasmissione di eventuali responsabilità, collegate all’ uso di tali pareti attrezzate, in capo al Comune e allo stesso primo cittadino, il quale, non potendo assicurare per mancanza di mezzi e della necessaria professionalità la sicurezza, a scanso di responsabilità penali e civili in caso d’incidenti, emetteva un’ordinanza di divieto, cercando nel contempo di coinvolgere associazioni, come la Sat, per far continuare l’ attività col superamento dell’aspetto della competenza e responsabilità. Purtroppo, per carenze normative di gestione del settore ed anche per obiettivi diversi, promossi dalle associazioni coinvolte, la cosa si arenò. Ciononostante l’ utilizzo di tali pareti è continuato senza accanimento da parte delle forze dell’ordine per il rispetto dell’ ordinanza e soprattutto senza incidenti.

A questo punto, vista l’attrazione in valle di questa pratica sportiva, s’impone la necessità di mettere a fuoco una progettualità complessiva in grado innanzitutto di dare risposte concrete in termini di sicurezza e responsabilità individuali ed anche per predisporre quelle infrastrutture di servizio, sia per i parcheggi che per la programmazione di iniziative turistiche, che possano garantire quella ricaduta economica determinante per una valle che cerca di sviluppare quel turismo specifico, come risorsa territoriale.













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