Sesso con un minore, in tre nei guai 

In due hanno patteggiato la pena mentre il terzo ha scelto il rito abbreviato davanti al Gup: condannato a 2 anni e 6 mesi



ROVERETO. La violenza, nel senso stretto del termine, non c’è stata. Ma il reato sì. Per questo motivo i tre uomini – due trentini e un campano (quest’ultimo, all’epoca dei fatti, in regione per lavoro) – sono stati condannati per aver compiuto atti sessuali con un minore, un ragazzino residente nella provincia di Trento. La giovanissima età del minore (sotto i quattordici anni) rende questa vicenda non solo penalmente rilevante ma anche a dir poco incresciosa, riversandoci sopra un pietoso velo di grande tristezza.

Una vicenda che si è conclusa, almeno sotto il profilo giudiziario, ieri mattina, in tribunale a Rovereto. Davanti al giudice per l’udienza preliminare Riccardo Dies si è svolto il processo con rito abbreviato ad uno dei tre imputati, l’uomo originario della Campania, mentre i due trentini avevano già accordato precedentemente la pena con il Pubblico Ministero (1 anno e 10 mesi ad uno e 1 anno e 8 mesi all’altro). Il giudice Dies ha condannato il terzo imputato (l’unico ancora agli arresti domiciliari) a 2 anni e 6 mesi di reclusione e al pagamento di 15 mila euro di risarcimento danni al minore più 8 mila euro alla madre, che è arrivata in fondo a questo dramma fortemente traumatizzata.

Era stata proprio la donna, infatti, a far scattare le indagini mettendo, così, gli inquirenti nelle condizioni di ricostruire quanto accaduto ed arrivare, poi, all’individuazione dei responsabili. I vari momenti della vicenda, che è finita ieri a processo, si sono svolti fra il febbraio e il marzo dell’anno scorso quando i tre uomini hanno conosciuto, ciascuno in maniera separata, il ragazzino con il quale hanno poi consumati gli atti sessuali. La conoscenza è avvenuta attraverso il web, dapprima in un approccio virtuale e poi in un incontro diretto. Il periodo è durato relativamente poco, due mesi circa, anche perché la madre ha cominciato ad insospettirsi subito dell’atteggiamento, a quanto sembra mutato rispetto al normale, del figlio che l’ha portata a cercare qualche risposta ai propri dubbi nel telefonino del giovane. L’intuizione giusta è stata quella di consegnare il cellulare alla Polizia postale: il controllo approfondito da parte degli esperti della Polizia di Stato ha permesso di rintracciare alcuni messaggi che hanno portato alla luce quanto stava accadendo. Le successive indagini si sono concluse con l’arresto dei tre imputati, per i quali è scattata la custodia in carcere tramutata, poi, nei domiciliari.

Ieri in tribunale a Rovereto l’udienza a porte chiuse davanti al Pubblico Ministero e ai legali dei tre imputati e a quello di parte civile, l’avvocato Marcello Paiar di Trento.













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