il progetto

Rovereto, negozi con l’«angelo custode»

Ingorghi e sosta costosa pesano ma non sono l’unico problema. Gianpiero Lui: «Con i distretti vogliamo ricreare uno spirito costruttivo e di comunità»
CRIMINALITÀ «Questa città è ormai un deserto»


Luca Marsilli


ROVERETO. La città è sconsolatamente vuota: è un dato di fatto, soprattutto se si guarda alle ore serali e al fine settimana: i momenti in cui più sarebbe “normale” immaginare che il centro storico si animi.

Sia dall’opposizione di centrodestra che da una parte dei commercianti la responsabilità viene addossata esclusivamente sull’amministrazione della città. Colpevole, di non avere saputo dare in 40 anni una tangenziale alla seconda città del Trentino, condannandola all’assedio di un ingorgo che scoraggia chi la volesse raggiungere. Ma anche, storia più recente, di avere puntato sulle zone a traffico limitato per una maggiore vivibilità e, ultimi mesi, di avere reso la sosta talmente cara da avere scacciato dal centro anche chi malgrado tutto ancora ci andava. Ridotto a caricatura, ma il discorso può anche avere un senso politico.

Il problema sia della viabilità di accesso che della sosta troppo cara esiste a detta di tutti gli operatori. Farebbe però torto alla serietà dell’intera categoria ridurre il regresso della vita cittadina a una sola questione di parcometri. E infatti in Confcommercio si sta lavorando a 360 gradi, in stretta sinergia con il progetto di Rigenerazione Urbana (del Comune) e partendo da una analisi dei problemi molto più articolata di una lettura viabilistica.

Gianpiero Lui, direttore di Confcommercio a Rovereto, Cristian Sala e Giuliana Savoia (nella giunta di Confcommercio Rovereto e, il primo, con delega alla Rigerenazione Urbana) non cercano scorciatoie. «Il commercio a Rovereto sta soffrendo molto, ma non c’è una sola ragione. La tendenza è la stessa in gran parte delle città italiane, anche se è ovvio che dove più forte è l’impatto del turismo, si soffre meno. Poi Rovereto paga anche problemi specificamente suoi. Uno è la dimensione ridotta degli spazi commerciali in centro: la gran parte non supera i 40 metri quadri. Troppo pochi per una gestione moderna, che richiede di spalmare i costi fissi (burocrazia, personale, servizi) su spazi più ampi. Molto spesso allargarli non è possibile o per carenze strutturali degli edifici o per difficoltà burocratiche. Poi c’è il problema degli affitti: con molti spazi chiusi si immagina che i prezzi siano crollati, ma non è così. Molti di quegli spazi non sono utilizzabili: non a norma, bisognosi di ristrutturazioni pesanti, privi di servizi. E molti di quelli sul mercato appartengono a pochissime famiglie, che controllano il mercato. Quattro o cinque famiglie, possiedono una sessantina di negozi. Non è loro interesse abbassare gli affitti: tengono chiuso piuttosto. Infine non c’è ricambio generazionale: molti figli di commercianti scelgono altre strade. E si perdono tradizioni familiari».

Ultimo nodo, manca una cultura del commercio: molte nuove aperture sono effimere, seguite da chiusure nel giro di pochi mesi. «C’è ancora l’idea che avendo due risparmi, chiunque possa aprire un negozio. Senza alcuna formazione specifica. Il peso degli adempimenti ti cade addosso a negozio aperto, non prima. E molti ci restano sotto. Così come molti si lanciano senza una preventiva analisi di mercato, senza un piano economico».

Insomma, se la Rovereto commerciale soffre, non è “solo” per i due euro l’ora di sosta oraria. La parte incoraggiante del discorso è che gli stessi commercianti si rendono perfettamente conto dei problemi, e stanno cercando di correre ai ripari. Percorrendo strade anche nuove: una, addirittura, senza alcun precedente in Italia. Uno dei fondamenti della Rigenerazione Urbana sono i “Distretti”: delle comunità organizzate su base geografica e vocazionale, che gestiscono in collaborazione e grazie al volontariato parte delle attività delle loro zone. Quindi eventi, ma anche arredo urbano e pulizia, controllo reciproco, indirizzo e supporto. Lavorare assieme, è lo spirito, per il bene di tutti. Un rovesciamento di prospettiva rispetto a rimanere in negozio a inveire contro il Comune “che non fa...”. Hanno aderito già 240 operatori in sei distretti attivi; il settimo, a Sacco-San Giorgio, sta per partire. Ma ancora più innovativo, mai visto finora in Italia, è il progetto al quale sta lavorando Confcommercio assieme a Trentino Sviluppo: adattare al commercio la formula degli “incubatori di imprese” già affermata, e con successo, per le start up.

Un ruolo un po’ da tutor, un po’ da angelo custode. «L’idea è che Trentino Sviluppo prenda in affitto i locali, garantendo quindi anche i proprietari, e li metta a disposizione di chi vuole avviare imprese commerciali. Che sarà seguito nella formazione, nella scelta merceologica, nell’impostazione del marketing, negli adempimenti burocratici. Un progetto definito su un arco di tempo preciso: due o tre anni. Dopo i quali se il negozio ha preso piede, proseguirà sulle proprie gambe. Se non ce l’ha fatta l’attività verrà sostituita da un’altra. L’obiettivo è togliere tutta la componente di rischio evitabile: mettere l’aspirante commerciante nelle condizioni migliori per riuscire e aiutarlo nella fase iniziale. Non significa garanzia di successo, ma oggi, facendo da soli, molti non hanno nessuna possibilità. E nemmeno sono in grado di rendersene conto».













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