LA STORIA

Rovereto, chiude la macelleria Zenatti 

La storica bottega di via Orefici. Aperta da più di 60 anni, dal 1983 è gestita da Massimo Zenatti: un punto di riferimento per chi ama  mangiare bene. «Mi rendo conto che dovrei reinventare il negozio ma di non avere l’entusiasmo per farlo»


Luca Marsilli


ROVERETO. La prima volta che si era messo dietro quel bancone, nel 1983, aveva 19 anni scarsi. e agli amici del liceo che rivedeva il pomeriggio, spiegava ridendo che quegli squarci spaventosi che aveva sulle mani e sugli avambracci erano “l’arte che si incarna”. aveva lasciato la scuola quando la morte prematura del papà remo lo aveva costretto a una scelta. non stravedeva per lo studio, ma la vita gli era anche saltata addosso.

E Massimo Zenatti non ha mai avuto il carattere di quello che si sposta. aveva scelto di mandare avanti la macelleria di famiglia. assieme alla mamma elena all’inizio, poi quando anche lei era mancata, con una serie di collaboratori diversi, una delle quali sarebbe poi diventata sua moglie.

Da sette anni al suo fianco, dietro il bancone, c’è Ilaria Galletti e sarà anche l’ultima collaboratrice, perché la “Macelleria equina Remo Zenatti”, in via Orefici, chiude definitivamente i battenti.

La notizia nel giro del centro storico e tra quei tanti ex ragazzi che per un motivo o per l’altro un salto “dal Massimo” ogni tanto lo fanno, gira da un po’.

Ma Zenatti ha ritardato il più possibile la conferma per evitarsi il magone di settimane con la gente che chiede perché, e lui che si sente in dovere di spiegarlo. col peso inevitabile di chi assieme a un negozio storico, chiude la fase finora più lunga della propria vita.

«Non scrivermi che mi hanno vinto i supermercati, che non c’entra niente». E in effetti, la sua è l’unica macelleria equina del Trentino e vende, assieme alla carne fresca, tutta una serie di prodotti che si trovano solo da lui.

A cominciare da quell’affumicato che si era inventato a inizio mestiere, sperimentando tempi e dosi con rami di pino e di alloro verdi, bruciati dentro un ripostiglio. non è per la concorrenza dei discount che chiude bottega. E nemmeno per quella di internet.

«Arriva un momento - spiega lisciandosi con troppa cura la barba - che ti chiedi sempre più spesso se ne valga la pena. quando cominci a risponderti forse no, vuol dire che è il momento di lasciare. troppo ore al lavoro, eccessivo il peso di guardare la cassa e chiederti cosa potresti fare per riempirla almeno un po’ di più. Troppo almeno se non hai una prospettiva a lungo termine. le mie figlie hanno scelto strade diverse, io mi rendo conto di non avere più l’entusiasmo e la voglia necessari per inventare qualcosa di nuovo e diverso. E sarebbe indispensabile farlo se non vuoi limitarti a gestire alla meno peggio un costante declino. Ecco, se ti rendi conto che dovresti farlo ma che non lo vuoi fare, allora è il momento di mollare».

L’occasione gli è arrivata con una proposta di acquisto del locale, del tutto inattesa. La macelleria ed anche il laboratorio, nell’edificio retrostante. un modo per uscirne senza lasciare l’ennesima vetrina chiusa in un centro storico che ne conta già troppe e senza rimetterci quanto investito. Con la serenità di avere “incarnata” un’arte che sul mercato del lavoro è richiestissima: non sono certo i macellai che gonfiano le file dei disoccupati. Vale per lui e vale anche per la sua collaboratrice: brava e stimata, sa che non avrà problemi a trovare un altro impiego. «Chiudo, non ditemi più niente. va bene così».













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