Giustizia

Prostituzione in un centro benessere di Pergine, informatico a processo

A giudizio un tecnico bolzanino che realizzava e diffondeva banner pubblicitari per due centri relax


Mario Bertoldi


BOLZANO. È stata fissata a gennaio l’udienza decisiva del processo che vede imputato, tra gli altri, anche un tecnico informatico bolzanino inquisito assieme a quattro cittadini cinesi con l’accusa di associazione a delinquere. L’uomo, che curava per incarico professionale la promozione grafica su piattaforme internet di un paio di centri benessere gestiti da cittadini cinesi, si è trovato improvvisamente a dover rispondere di aver fatto parte di un’associazione che avrebbe avuto lo scopo di reclutare ed avviare alla prostituzione giovani donne cinesi.

Sebbene il bolzanino abbia sempre negato con decisione ogni addebito, per il momento la Procura ha confermato l’imputazione. In effetti secondo la pubblica accusa l’uomo avrebbe fatto parte a tutti gli effetti del business generato dall’attività, mentre il diretto interessato ha sempre sostenuto di non aver mai saputo assolutamente nulla dell’attività che sarebbe stata condotta con la copertura di due centri benessere, uno a Pergine Valsugana e l’altro a Laives. E così ora il creativo informatico si trova sotto processo con l’accusa di associazione a delinquere e sfruttamento della prostituzione assieme agli altri inquisiti, tutti cittadini cinesi.

L’uomo, difeso dall’avvocato Federico Fava, ha sempre respinto qualsiasi ipotesi di patteggiamento perché ha sempre rigettato ogni accusa sostenendo di aver fatto semplicemente il proprio lavoro e di non aver mai saputo che dietro l’attività dei due centri benessere gestiti da alcuni cittadini cinesi si nascondesse un giro di giovani prostitute che oltre ai massaggi proponevano anche prestazioni sessuali.

Come già accennato, nella vicenda sono coinvolti anche quattro cittadini cinesi, tre uomini e una donna. L’associazione a delinquere contestata a tutti e cinque gli imputati avrebbe avuto proprio lo scopo di gestire l’ attività di due centri massaggi che in realtà sarebbero stati vere e proprie case di appuntamento ove si esercitava la prostituzione organizzata. Proprio per questo nel capo d’imputazione si parla di «strutture mascherate». L’associazione – secondo la Procura della Repubblica – sarebbe stata finalizzata al reclutamento di giovani donne cinesi da avviare alla prostituzione. L’organizzazione – si legge ancora nel capo d’imputazione – avrebbe trattenuto il 60 per cento degli incassi ottenuti dalle donne.

Un’attività, però, di cui il tecnico informatico bolzanino non sarebbe mai stato al corrente. Tra il resto l’avvocato difensore Federico Fava ha più volte fatto presente che il contatto professionale con il suo assistito sarebbe stato del tutto casuale, in quanto uno dei cittadini cinesi promotori della presunta attività illegale è suo vicino di casa. Sarebbe stata proprio questa conoscenza di tipo condominiale a favorire l’accordo professionale per la cura delle grafiche di banner promozionali (dei centri benessere) diffusi online. Al centro dell’inchiesta ci sono due locali: uno aperto nel centro commerciale Ponte Regio di Pergine Valsugana e l’altro in via Kennedy a Laives. In sostanza il tecnico informatico bolzanino è accusato di essersi occupato «della promozione dell’attività di sfruttamento della prostituzione, in particolare della struttura di via Kennedy 75/D a Laives». In gennaio la sentenza di primo grado.













Scuola & Ricerca

In primo piano