Visite: la Rsa riapre solo in parte 

Alla Apsp S. Spirito. Ieri i primi parenti da alcuni ospiti delle due strutture di via Pive e via Marconi dopo 4 mesi di chiusura per il Coronavirus Il presidente Pintarelli: «Si sono svolte con piena soddisfazione, finalmente hanno avuto almeno un contatto visivo e auditivo con i loro congiunti» 


Franco Zadra


Pergine. La porta a vetri dell’accesso a una delle due sale della S. Spirito Fondazione Montel, dove i parenti, come facevano anche prima dell’emergenza sanitaria, incontrano gli ospiti residenti, è tappezzata di cartelli. Vi si sono riportate le regole di comportamento familiari/visitatori, con divieti, attenzioni, e obblighi; il triage; il divieto di toccare le superfici; l’ informativa prevenzione dal contagio da Covid-19; e quindi un foglio riassuntivo sulle modalità di accesso che, da ieri e fino al 14 luglio, regolamentano l’accesso di parenti e visitatori nelle strutture di ospitalità e lungo degenza, come in tutte le residenze sanitarie assistite, agli hospice e alle riabilitative e residenziali per anziani, autosufficienti e non, secondo l’ultimo Dpcm che la giunta Provinciale di Trento ha recepito senza apportare modifiche di rilievo, limitando quindi il tanto agognato incontro tra parenti e anziani ospiti ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura e non dalla direzione amministrativa.

Attese un po’ disattese

Un limite che certo ridimensiona non poco le aspettative di molte famiglie di poter riabbracciare, dopo quasi 4 mesi, i loro cari congiunti, ma che dà la misura di quanto sia ancora necessario prevenire il riaccendersi di focolai di infezione da covid19, evidentemente ancora in circolazione.

«Una prima giornata dove, direi, è andato tutto bene – ci spiega Diego Pintarelli, presidente della Apsp S. Spirito, la casa di riposo di Pergine -. Le prime visite si sono svolte con piena soddisfazione dei parenti che finalmente hanno avuto almeno un contatto visivo e auditivo con i loro congiunti».

Numeri limitati

Sono 12 al giorno in media le visite programmate con prenotazione obbligatoria nella sala di via Pive, il nuovo centro Alzheimer non ancora inaugurato, e altre 12 in quella di via Marconi.

«Il protocollo da seguire – spiega Pintarelli – ha una certa complessità. Occorre che un addetto del nostro personale accompagni il visitatore nella sala dedicata, dopo aver accertato che non presenti controindicazioni per farlo accedere. Si accede dall’esterno, senza dover passare per la Rsa. In un angolo si procede alla fase di disinfezione e preparazione. Nella sala dedicata, una vetrata, munita di interfono per amplificare la comunicazione, si frappone poi tra il visitatore, sempre accompagnato dal personale, e l’ospite. Stesse modalità e ausili che si trovano in via Marconi, dove si parte da una stanza del centro diurno, per altro adesso chiuso, con accesso esterno, nel pieno rispetto del Dpcm e con autorizzazione del direttore sanitario».

Visite brevi

Una volta alla settimana è la cadenza possibile di brevi visite, il tempo delle quali è anche stabilito dal decreto ministeriale, «che, dal momento è stato appena rinnovato – continua Pintarelli – non fa supporre vi saranno apportate modifiche a breve, soprattutto a fronte di incrementi di contagi di cui si ha notizia nella zona di Milano e dintorni e per il fatto che i maggiori contagi si sono avuti proprio nelle Rsa, non è prevedibile che il Consiglio dei Ministri annulli queste precauzioni, e noi ci dobbiamo attenere per forza».

Cambia tutto rispetto a 4 mesi di lockdown dove i contatti possibili si limitavano a videochiamate e ai supporti tecnologici dei Social, là dove è stato possibile, con sorprendenti casi di anziani che hanno colto in breve tempo il buono e il bello delle opportunità di comunicazione digitale.

«Un conto però – dice ancora il presidente – è la visione diretta e in presenza fisica. I parenti che ho visto questa mattina erano soddisfatti del poter almeno vedere in un contatto diretto che il loro caro sta bene e parla e gli ospiti stessi sono stati responsivi alla visita dei parenti. È un primo passo e tutti noi speriamo che prima o poi ci sarà una liberatoria anche se il cammino sembra sarà ancora lungo».













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