Il prete-cacciatore decide di appendere il fucile 

Valle dei Mocheni, annuncio a sorpresa di don Dario Sittoni, 80 anni, al ritrovo delle cinque riserve: «L’ordine è delle gambe. Lascio dopo 60 anni di attività»


di Roberto Gerola


VALLE DEI MOCHENI. Per le cinque Riserve di caccia della valle dei Mòcheni, grande festa l’altra sera a Palù del Fersina in onore del proprio patrono Sant’Hubertus. Si è trattato del 7° ritrovo tra cacciatori, rettori, esponenti venatori di Palù del Fersina, Sant’Orsola, Viarago, Fierozzo e Frassilongo, per celebrare il protettore ma anche per trascorrere insieme qualche ora e scambiarsi le esperienze della stagione venatoria in corso. Con loro il prete - cacciatore don Dario Sittoni (di Viarago), da sempre concelebrante della Messa (insieme a don Daniele Laghi) , da sempre protagonista all’omelia: indimenticabili le sue prediche a carattere venatorio. Quest’anno, l’iniziativa è stata in parte velata da tristezza, subito per altro svanita proprio dalle parole di don Dario stesso. La tristezza era sorta per il suo annuncio: «Con domani entro nell’80° anno e lascio la caccia. L’ordine è delle … gambe. Lascio la caccia dopo 60 anni». Un annuncio a sorpresa.

Ma con la sua tradizionale verve, che emerge con veemenza quando si inoltra sul tema venatorio, don Dario ha avuto espressioni poetiche e nesso stesso tempo spiritose. Non a caso si diletta in racconti e storie, ma anche in approfondimenti filosofici. Ha innanzitutto avuto parole di ringraziamento. «Nella caccia, ha detto, ho trovato aria, sole, vita nella natura, semplicità, ma soprattutto tanta amicizia grazie a voi cacciatori. A Viarago, riserva piccola ma ricca, saranno contenti: uno di meno che va a caccia. Ma a Palù (dove era parroco, ndr) sono stato 20 anni, meravigliosi. Ai miei amici di Palù dico: tutto passa, ma restano i bei ricordi. Ho anche due rimorsi: non aver ceduto uno scoiattolo per due tordi e aver abbattuto un capriolo perché un capo della chiesa potesse gustarlo a pranzo (glielo avevo promesso quando ancora non l’avevo). E’ stato un “peccato sano”».

E ancora. «Andando a caccia, con l’amico vicino, l’animo si solleva. E poi volevo dirvi che non sono “terribile” come volevano scrivere nella boccia dorata messa in cima al campanile di Canezza dopo il crollo dovuto al fulmine. Su quella pergamena c’è scritto “famoso” . Sarò anche tale, ma con una pecca: “cacciatore”. Non sono più cacciatore, ma tenetemi nell’elenco degli amici». Durante la Messa ha ricordato due cacciatori: Diego Moltrer (di Fierozzo) e Friedl (di Palù). In questi ultimi anni, don Dario è anche stato preso di mira dagli ambientalisti: blitz in chiesa, striscioni contro. Ma don Dario non ha mai perso la sua flemma. Gli ha risposto con parole appunto di sorpresa per la decisione, ma anche di augurio, Andrea Fontanari, presidente della Consulta cacciatori. Come da tradizione, l’altare della piccola chiesa di Paù, era addobbato con rami di abete, un crocefisso, un quadro di Sant’Hubertus, un trofeo di cervo a dieci punte. Poi, tutti a cena: cacciatori e rettori: Ennio Zampedri, Marcello Fontanari, Stefano Moltrer, Albino Fuchs, Adriano Moltrer, con Andrea Fontanari a citare Dario Tavelli cacciatore di 86 anni.













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