Si laurea per aiutare disabili come lei 

Vervò, Debora Helfer è da sempre in sedia a rotelle: tesi in Giurisprudenza sulla tutela di chi è privo di sostegno familiare


di Giacomo Eccher


VERVÒ. Erano davvero in tanti l’altra sera al Solarium Predaia a festeggiare Debora Helfer, neo dottoressa in giurisprudenza conseguita all’Università di Trento. Un traguardo che la giovane di Vervò, costretta fin da bambina su una sedia a rotelle, ha raggiunto con caparbietà e costante impegno concludendo gli studi con una tesi di attualità occupandosi de “La legge 112 del 22 giugno 2016 a tutela delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”. Una condizione, la disabilità, che Debora conosce fin dall’infanzia e che l’ha accompagnata nel suo percorso scolastico alle elementari a Mezzolombardo (il paese della sua famiglia) e quindi le superiori (ragioneria) al Martino Martini del capoluogo rotaliano dove, proprio grazie all’insegnante di Diritto, ha scoperto la sua predilezione per codici e norme e quindi il loro impatto sulle persone, sopratutto le più deboli.

Da alcuni anni risiede a Vervò dove la sua famiglia, il papà Giorgio e la mamma Margherita Stringari, hanno realizzato una villetta con una stupenda veduta sulla valle di Non e le Dolomiti di Brenta. Un angolo davvero di pace e di ampi orizzonti dove Debora oltre allo studio ha coltivato fin da piccola l’altra sua grande passione, la musica. «Infatti sono la voce solista femminile del gruppo “Ma Noi Non”, una cover band che canta i brani dei Nomadi con un certo seguito non solo in valle», racconta. E con il suo gruppo ha allietato al Solarium la serata degli invitati alla sua festa di laurea. Arrivare alla conclusione del percorso universitario non è facile per nessuno, serve impegno e costanza. Ma per Debora, impossibilita a muoversi da sola, la fatica è la determinazione sono state ancora maggiore: «Il papà mi accompagnava a Trento la mattina alle lezioni all’Università, il sostegno della famiglia è stato decisivo ma mi sento anche di dire grazie ai compagni di corso che mi passavano gli appunti delle lezioni che non potevo seguire direttamente», racconta con il suo sorriso che tradisce un’innata umiltà ma anche la fierezza di chi crede in obiettivi precisi della vita, senza cedere mai all’autocommiserazione.

La tesi di laurea l’ha discussa con sicurezza davanti ad amici e familiari con la professoressa Teresa Pasquino. Un argomento sentito profondamente dalla neo dottoressa e che per la prima volta è stato oggetto di una tesi a Trento. L’applauso finale l’ha in parte gratificata di tante fatiche e di tanto lavoro. E adesso? «Nell’immediato vorrei fare un periodo di tirocinio in qualche studio legale per potermi rapportare meglio e direttamente con i problemi che riguardano le persone con disabilità grave, soprattutto la situazione che queste persone si troveranno ad affrontare quando verrà meno il sostegno dei genitori». Questo è appunto il tema che ha affrontato nella sua ricerca sulla legge 112/2016 di cui ha analizzato criticità e aspetti positivi, ma anche monitorato il grado di attuazione che, ad esempio, in Trentino è quasi al punto zero dopo il taglio dei fondi alla disabilità a seguito del Patto di Milano che ha ridotto le disponibilità finanziarie della nostra autonomia.

La strada è dunque ancora lunga e in salita ma Debora, che per la sua quotidianità è costretta a dipendere da altri, ha l’obiettivo di restituire in qualche modo la generosità di cui lei è oggetto, mettendo a disposizione la sua preparazione giuridica per aiutare persone che hanno bisogno e che non sanno come approcciarsi ai diritti: «Questo è il mio vero scopo anche se non so ancora come potrò mettere a frutto i miei studi, ma ci riuscirò». A sostenerla fino in fondo ci sono papà e mamma, ma sopratutto la sua forza d’animo e quindi la passione per la musica, dove - conclude - non le mancano le soddisfazioni.

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