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Modella, sarta e anche stilista: quando la sfilata incontra l’arte

Per Luisa de Oratis gli abiti devono essere «un sogno che si realizza e vestire comodi alla pari di una seconda pelle». Tra i progetti, creare le condizioni per le ragazze della Val di Non decise a intraprendere queste professioni


Daniele Peretti


CLES. Realizzare i sogni delle sue clienti alle quali regala abiti che ne esaltino la figura e che siano comodi alla pari di una seconda pelle. È questa la filosofia con la quale si muove Luisa de Oratis, tarantina di origini, di Grottaglie per la precisione, dove nasce in una famiglia di sarti e già a otto anni, Luisa cuce in autonomia i suoi primi lavori sartoriali.

Una passione che la porta ad abbandonare la scuola professionale per seguire corsi e laboratori che la aiutano a specializzarsi a livelli sempre più alti. Nel 1991 arriva a Trento dove fino al 2003, prima come modella per la McGregoris di Cles che commercializzava pellicce e poi anche con gli ingaggi di un’agenzia, Luisa de Oratis lavora come modella.

Poi la svolta.

Ho deciso di aprire un atelier tutto mio a Cles in Via Gianbattista Lampi che a tutt’oggi è il mio spazio creativo e già nel 2004 ho organizzato la mia prima sfilata in Piazza Duomo a Trento.

Non solo sfilate, ma potremmo dire una sorta di moda spettacolo dove la sfilata si accompagna con musica, balli e recitazione.

Nel 2003 la realtà trentina era del tutto diversa rispetto all’attuale e per la maggior parte degli artisti locali non c’era spazio per potersi esibire. Dall’altra parte anche la sfilata in piazza o comunque in spazi aperti era un’idea ancora agli esordi ed io ho pensato di mettere insieme le cose, creando un evento unico.

Esperimento riuscito?

Direi proprio di sì perché sono riuscita anche a dare spazio e opportunità ad artisti locali che se no sarebbero rimasti nell’anonimato e dirò di più: sono stata la prima in Trentino a tirare fuori dalle botteghe gli artigiani perché i miei eventi erano aperti a colleghi o artigiani di altri settori della moda.

Come definirebbe il suo stile?

Amo creare in senso lato: dal costume da bagno all’abito gioiello. Tutte le mie realizzazioni sono pezzi unici che hanno come scopo quello di rispecchiare la personalità di chi le indossa.

Com’è il primo contatto con un potenziale cliente?

Devo capire immediatamente quello che desidera e spiegare come lo realizzerei. In un certo senso il cliente va sorpreso e lo si deve portare a dire ...ecco ha proprio capito cosa volevo.

I tessuti che preferisce?

Tutti quelli morbidi e luminosi rapportati comunque a quello che si vuole realizzare. Utilizzo solo quelli preziosi come lo possono la seta o il kasha, ma mi piace anche andarli a cercare e scoprirli personalmente.

I colori invece?

Beh mai il marrone e il grigio. Tanto gradimento per il nero e l’argento che direi siano i colori più eleganti in assoluto e poi sono i più luminosi.

Cos’è per lei un vestito?

La realizzazione del sogno della cliente.

La realizzazione più originale?

Tra quelle che mi hanno chiesto senz’altro questa: la proposta di una signora della Val di Sole che mi ha commissionato un abito in stile spagnolo nero e rosso che ha messo su una scopa a mo’ di portabiti nell’ingresso della sua casa. Me lo ha chiesto con tessuti di pregio e per me voleva sfidarmi, voleva vedere se stavo al gioco, ma se era una scommessa l’ha persa. Poi ci sono i miei modelli ai quali l’originalità non manca certamente.

Qualche esempio?

Volentieri. Ne ho realizzato uno con la rete metallica, oppure col tessuto non tessuto, normalmente creo riciclando vari materiali, anche i sacchi dell’immondizia.

Quando entra nell’irreale che effetto cerca?

Quello di spiazzare la persona che ho davanti. Dev’essere una sorpresa, un qualcosa che non si aspettava. Si parla ancora della sua sfilata in Russia. Per la verità sono state due e non potrò mai dimenticare le modelle: splendide ragazze di quasi due metri d’altezza che litigavano tra loro nella scelta dei vestiti; portai una ventina di modelli uno dei quali fatto con la carta di giornale.

Le piace descriversi?

Decisamente sì e lo dico con modestia, mi considero una artista. Davvero! Non solo nell’ambito sartoriale, ma dipingo tendenzialmente arte moderna e mi piace l’arte in tutte le sue sfaccettature.

Come si approccia ad un modello da realizzare?

Tre fasi: immagino, creo e realizzo il capo finito. Prima studio la persona mentre parla e l‘analizzo in tutto il suo insieme poi faccio un cartamodello e poi passo a lavorare la stoffa.

In questo è decisamente tradizionale.

Alle volte, perché ci sono anche quei casi in cui salto il cartamodello per passare direttamente al tessuto. Succede quando sento un’idea forte, un impulso che non voglio frenare quanto esaltare.

Guarda al futuro e…

E mi vedo una possibile giudice in un format sulla bellezza al quale prenderanno parte estetiste, parrucchiere e sarte. Location molto particolare, ma di più non posso dire perché è ancora in fase di trattativa. Poi quest’anno ricorre il ventesimo anniversario del mio atelier che vorrei festeggiare con un evento particolare, uno dei miei per capirci col quale creare interesse. Infine le sfilate. Vorrei tornare a farne di internazionali per confrontarmi con realtà diverse rispetto a quelle locali.

Concludiamo con un sogno? lei ce l’ha, vero?

Certo che sì. Ormai la Val di Non è diventata la mia valle e vorrei fare qualcosa per valorizzarla. Difficile pensare ad un prodotto locale, più facile pensare ad un qualcosa che possa essere di sbocco per le tante ragazze che hanno un diploma, ma non le possibilità di potersi mettere in mostra.













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