Dal ceppo ultrasecolare rinasce a Revò il Maor 

Successi. L’antico vitigno è stato reimpiantato da Lorenzo Zadra, figlio di Augusto da cui ha ereditato la Cantina El Zeremia. In botte ora sta maturando un vino presente in valle fin dal ‘400


Giacomo Eccher


Revò. «Quanto vorrei condividere questo momento con mio padre!» È questo il primo commento di Lorenzo Zadra, titolare della Cantina El Zeremia spillando, per un primo assaggio dalla botte di bollitura il Maor, una varietà autoctona a bacca bianca molto antica presente ancora nel '400 solo in Val di Non e all'inizio della Val di Sole.

Prima c’è stato il groppello

«È un piacere poter comunicare questo reimpianto grazie anche all'Istituto di ricerca di San Michele che ha condotto le analisi del Dna per decretare l'unicità genetica del vitigno» - afferma Zadra. Continua così l'opera di salvaguardia e recupero intrapresa dalla Cantina El Zeremia, prima con il Groppello di Revò e ora con il Maor, per marcare il forte impegno da autentico vignaiolo nel recupero di un patrimonio viticolo trentino dalle splendide potenzialità enoiche.

Il padre a cui fa riferimento in apertura Lorenzo è Augusto Zadra, scomparso prematuramente 7 anni fa a solo 55 anni, che gli ha trasmesso non solo l’azienda tra mele e uva ma anche la passione per tentare strade nuove, ma con radici solide e certe nella tradizione. È rinato così, da un ceppo trovato nello storico vigneto di famiglia (luéc, in noneso) in località Sperdossi che si affaccia scosceso sul lago di Santa Giustina, il Maor, vitigno considerato una sorta di “groppello bianco” e da sempre trascurato come parente povero del più noto rosso locale. «Quella vite antica mio padre l’aveva individuata, ma poi era rimasta lì. Alcuni anni fa, ripensandoci, ne ho parlato con la ricercatrice di San Michele, Stella Grando, che studiandone il Dna ne ha dimostrato l’assoluta originalità ed autenticità».

Il registro dei vini antichi

Il Maor, su input di Lorenzo Zadra che ne ha intravisto subito le potenzialità di sviluppo, è stato così l’inserito come vitigno autoctono nel registro dei vini antichi del Trentino. Dal ceppo ultrasecolare su piede franco sono state prelevate alcun barbatelle selezionate dall’esperto di San Michele, Italo Roncador. Alcune sono state messe a dimora nel vigneto storico della Fondazione Mach a Vigalzano di Pergine, ma la storia è finita lì, mentre la maggior parte, 1.200 barbatelle, ottenute grazie ad un amico vivaista, sono state piantate nel luéc sotto la Cantina El Zeremia, a Revò. Questo è successo tre anni fa e per Lorenzo è stata una scommessa, quasi un salto nei buio, che ora con la prima vendemmia sta dando le conferme attese.

Il Maor, come riporta il volumetto “Trento, la città del Concilio” della collana “I Vini nelle città italiane”, “è un vitigno a uva bianca presente in Trentino da molti secoli pur con diffusione limitata esclusivamente alla sponda sinistra del fiume Noce: nell’alta Valle di Non e nella Bassa Valle di Sole era l’unica varietà d’uva bianca coltivata”.

Uva di qualità

La vendemmia è stata fatta il primo ottobre, i grappoli erano belli e sani con uva croccante e dura e non soffre la botrite, le muffe causate dall’umidità che invece affliggono il rosso groppello. «Questo lascia ben sperare per il futuro, il Maor si conferma una vitigno adatto per le nostre quote tra i 700 e i 750 m etri ed è una buona base spumante» - afferma Zadra, che per guardare avanti ha già preparato le etichette.

I filari di Leonardi

Il sogno di Lorenzo è ora che altri lo seguano in questa riscoperta e qualcuno c'è già, il giovane enologo di Tuenno, Marco Leonardi, fresco di laurea, che dopo uno stage alle Ferrari di Trento, ha piantato alcuni filari di barbatelle Maor in un terreno sul lago di Santa Giustina, poco lontano dalla diga in versante Tassullo.













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