DAL TRENTINO FIN NELLO YUKON / 7

Gli ultimi istanti di un inverno a Keno City

Finito l'inverno a Keno City, si chiude la prima fase del progetto di Paola Rosà e Antonio Senter per Montura Editing. E dopo quasi tre mesi in Canada, raccontare la montagna diventa una sfida agli stereotipi



Nonostante i mucchi di neve a bordo strada e le chiazze di ghiaccio che resistono fin oltre mezzogiorno, la fine dell'inverno a Keno City è ormai un fatto compiuto. Siamo a maggio. “Anche se i fiumi giù in valle sono ancora ghiacciati, ormai le rondini sono arrivate e la luce persistente della notte artica ci fa sentire in estate”, ci dicono nello Yukon. E il nostro progetto di “un inverno a Keno City” vive i suoi ultimi istanti.

Un po' come il viaggio del giapponese incontrato al chilometro 122 della Dempster Highway, nel nulla della tundra solcata dai camion diretti ai villaggi sull'Oceano Artico: per strada da due anni e mezzo, partito dall'Argentina per calpestare passo passo le Americhe fino all'estremo nord, il camminatore paziente sembra come spaesato nel constatare che gli mancano soltanto poche centinaia di chilometri. E adesso?

Dopo quasi tre mesi senza salire su un'automobile, senza entrare in un supermercato, senza toccare un rubinetto dell'acqua corrente né uno sciacquone, settimane di incontri attesi e rinviati, di approcci attenti e falliti, di aspettative deluse e sorprese inaspettate, la nostra permanenza a Keno City, non appena si scende a valle per superare Mayo e imboccare la Klondike Highway verso le voci e i traffici di Dawson City, sembra allontanarsi non soltanto geograficamente, mentre si macinano quattrocento chilometri verso il prossimo centro abitato.

Nel resto dello Yukon la fama di Keno City si nutre di miti e nostalgie quasi a integrare la mancanza di ciò che è scomparso altrove: “A Keno sopravvive lo spirito autentico dello Yukon”, ti dicono un po' tutti, con lo sguardo tra l'ammirato e il malinconico. E di Keno tutti hanno una storia da raccontare: quella del tipo giunto stremato e accecato dalla luce dopo giorni a piedi sulla neve, o quella del ciclista assalito dal grizzly in corsa, o quella dei cinque lupi catturati in una notte dal trapper di turno. E a chi è arrivato dall'Italia proprio per raccogliere storie, e trasferirle sullo schermo, questa abbondanza quasi inebriante fa un effetto straniante e a tratti stucchevole. Perché i miti e le nostalgie, e le storie che li alimentano, sono già letteratura.

Nonostante la fine dell'inverno e l'imminente ritorno in Italia, il progetto sostenuto da Montura non è che all'inizio: le voci e le immagini di Keno City andranno assemblate, cucite e riaccostate in un racconto che ci auguriamo “autentico”. Autenticamente anche fragile, niente affatto mitico o nostalgico. Ma schietto e diretto. Come è stato con noi chi vive d'inverno a Keno City.













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