Storo, l’organo in silenzio per tre mesi

STORO. Dal prossimo lunedì l’organo della chiesa arcipretale San Floriano di Storo non eserciterà la sua normale attività. Per almeno tre mesi, messe e funzioni saranno eventualmente accompagnate da...


di Aldo Pasquazzo


STORO. Dal prossimo lunedì l’organo della chiesa arcipretale San Floriano di Storo non eserciterà la sua normale attività. Per almeno tre mesi, messe e funzioni saranno eventualmente accompagnate da chitarre e tastiere, considerato che quello strumento musicale di grande valore storico e artistico dovrà essere revisionato. L’intervento, eseguito dalla ditta Mascioni da Cuvio nel varesotto e che già aveva messo mano una volta precedente nel 1952, comporterà una spesa di circa 72 mila euro.

Quel maestoso strumento a canne di momenti solenni in anni e anni ne ha accompagnati molti, a iniziare dalla tante prime messe che giovani seminaristi del posto (negli anni Sessanta) erano stati avviati all’esercizio sacerdotale da parte del compianto monsignore Salvatore Scalvini all'epoca vice e poi rettore del seminario minore.

«Le disponibilità delle nostre famiglie per dare un futuro ai figli erano limitate e allora la bontà del monsignore - ricorda don Bruno Armanini - era quella di assecondare e dare una buona mano ai paesani. Chi poteva dava e altri donavano quanto la campagna offriva. Era un prete don Salvatore che alla sua Storo ha dato tanto. Ora la sua salma riposa al cimitero del convento delle Suore di Carità a Besozzo dove negli ultimi anni di vita aveva esercitato il ruolo di cappellano e padre spirituale delle monache».

Poi, tornando alle note di quell’organo, infinite le suonate in occasione di matrimoni che tra il 1940 e il 1980 erano soliti tenersi quasi ogni sabato sotto quelle navate, oppure alle tante funzioni funebri oppure ai solenni canti del Tedeum di fine anno. Negli ultimi settant’anni su quella tastiera d’organo, dislocata appena al di sotto del pulpito, si erano avvicendati oltre al compianto Danilo Baratella anche altri giovani uomini di chiesa tra cui Renato Mezzi, il professore Gianfranco Demadonna, Simone Pezzarossi, Francesco Romele e ora Domenico Giovanelli.

«La sua cassa armonica – dicono i vari maestri – risale al 1665 e fu poi ammodernata nel 1841. Rimase sino al 1924, dopodiché la struttura venne sostituita con una che suonò sino al 1952, anno in cui il compianto arciprete don Vigilio Flabbi la sostituì con la nuova (opera della stessa Mascioni) spendendo allora qualcosa come tre milioni, pari al valore di tre case».













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