madonna di campiglio 

«Il rifugio alpino è un’altra cosa» 

Il presidente Alimonta risponde a Martini sul nome Chalet Fiat


di Walter Facchinelli


GIUDICARIE. «Chalet Fiat o Rifugio Spinale?» Alla domanda posta da Vittorio Martini attraverso il Trentino - pubblicata nell’edizione di ieri - e consegnata in Comune di Tre Ville e Comunità delle Regole di Spinale e Manez, per «non rinunciare ai nomi dei nostri luoghi e alla nostra storia», risponde “a stretto giro di posta” l’Associazione Gestori Rifugi del Trentino. Il presidente Ezio Alimonta, noto “rifugista”, titolare del rifugio Alimonta alla Vedretta degli Sfulmini a 2.580 metri di quota nel cuore del Brenta e una famosa guida alpina che, oltre al Brenta che conosce come le sue tasche, è stato sul Cerro Torre e sullo Spallone Nord-Ovest della Cima Molveno dove tracciato una via che dal 1971 porta il suo nome. Lui, insieme a Gianni Mosca, gestore del rifugio Val di Fumo, nel gruppo dell'Adamello a quota 1.997 metri, a sentir definire lo “Chalet Spinale” un rifugio, sono sobbalzati sulla sedia. Loro, che nei rifugi alpini «quelli veri» ci lavorano, sottolineano «i nostri rifugi sono un'altra cosa».

Però il quesito di Martini mostra «l’altra faccia del problema». Quale, presidente Alimonta?

«Sempre più frequentemente, risponde Ezio Alimonta, viene segnalato alla nostra Associazione Gestori Rifugi del Trentino l’utilizzo improprio della denominazione rifugio, da parte di pubblici esercizi che non sono nell’elenco delle strutture alpinistiche» perché non hanno i requisiti disposti dalla legge provinciale su rifugi e sentieri alpini. Alimonta entra nello specifico e cita «simili casi li registriamo sull’Altopiano della Paganella, in Val di Fiemme, nel Primiero e, da ultimo, in Valsugana». Si tratta di “rifugi non rifugi”, chiaramente esclusi dall’articolo 2 della legge provinciale 8/93 che «definisce quali sono le strutture alpinistiche», il comma 5 prescrive «l'utilizzo della denominazione di rifugio esclusivamente a strutture alpinistiche iscritte nell'elenco».

Ezio Alimonta - a nome dei rifugisti trentini «quelli veri», sottolinea - si dice preoccupato perché «viene meno la valorizzazione e la tutela delle strutture alpinistiche provinciali e più in generale, la cultura alpinistica». Da qui la richiesta che «si garantisca solamente alle strutture che rispondono ai requisiti di legge di rappresentare questa forma di ricettività turistica così importante per il nostro territorio». Alimonta, sottolinea anche la tutela della concorrenza e del mercato dei veri rifugi alpini. Il presidente spiega meglio: «Il fruitore potrebbe essere spiazzato, se non addirittura ingannato» da un’offerta che non corrisponde a requisiti e caratteristiche che si aspetta di trovare in un rifugio. Quindi «niente rifugi alpini con docce in camera o altre comodità».

L’Associazione Gestori Rifugi del Trentino, alla domanda di Vittorio Martini risponde: «Si sarebbe potuto chiamare Chalet Spinale, ma è questa o quella denominazione è esclusivamente commerciale e spetta alla proprietà», però «non chiamatelo rifugio, è contro le norme di settore» e l’immagine stessa del rifugio alpino «quello vero».

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