«Quarant’anni di servizi sociali» 

Va in pensione Manuela Silvestri, responsabile d’ambito per la Val di Fiemme. Era arrivata nel 1979


di Daniele Erler


CAVALESE. Quando Manuela Silvestri è arrivata a Cavalese, nel dicembre del 1979, il servizio sociale indipendente era una novità per la val di Fiemme: prima gli assistenti sociali arrivavano da Trento, e per il resto in zona ci si arrangiava come si riusciva. A Panchià il sacerdote pagava una persona per assistere gli anziani. Quando ieri Silvestri ha salutato i colleghi, nel suo ultimo giorno di lavoro prima della pensione, lo ha fatto da responsabile di un servizio che in questi anni è profondamente cresciuto: di mezzo c’è stato tanto lavoro - e anche qualche cambio di normativa - che ha dato i suoi frutti sul territorio. Nel 1994 ha aperto un centro per minori a Cavalese, qualche tempo dopo un altro a Predazzo. Quindi il centro per anziani con gli appartamenti protetti: «Quelle che sembravano delle scommesse, oggi sono realtà che hanno un impatto enorme sul territorio».

A fine anni Settanta tutto era sotto il controllo di un ente dal nome che oggi suona quasi ridondante: il “Consorzio sanitario per la gestione unificata dei presìdi base per le valli di Fiemme e Fassa”. Poi è arrivato il comprensorio e infine la Comunità di valle. Ma ad essere cambiata - ci spiega Silvestri - è stata soprattutto la società. E i servizi hanno dovuto adeguarsi di conseguenza.

«All’inizio avevamo a che fare con anziani fra i 70 e i 75 anni, il cui bisogno principale era avere qualcuno che potesse aiutarli con le pulizie - spiega Silvestri -. Adesso abbiamo in carico quasi tutti grandi anziani, che hanno fra gli 80 e gli 85 anni o anche di più, e i servizi servono per dare un aiuto alle famiglie nella loro cura. Senza contare poi i casi in cui ci sono altre problematiche, legate invece al venir meno della struttura familiare. E anche la crisi economica ha fatto emergere fragilità che prima non conoscevamo. Poi è cambiata la scuola e in generale quella che è la percezione dei bisogni».

E in questo la val di Fiemme si è dimostrata un territorio in grado di innovare. «C’è un esempio che lo fa capire - dice Silvestri - non abbiamo mai avuto difficoltà a inserire i disabili nel mondo del lavoro, anche quando c’era meno sensibilità su questa tematica».

Silvestri da oggi è in pensione. Porta via con sé tanti ricordi professionali, ma ce ne è uno che ha un impatto emozionale più forte rispetto agli altri: «Nei giorni immediatamente successivi alla tragedia di Stava, noi eravamo lì, insieme agli operatori della Provincia - ricorda Silvestri -. Il nostro compito era sostenere le persone che erano in cerca dei loro famigliari, aiutarli nell’individuazione. È un lavoro che ci ha tenuti impegnati fino alla fine delle ricerche, da luglio a settembre. Ma per noi ha avuto un impatto emotivo fortissimo. Perché non avevamo a che fare con nomi o numeri, ma con facce e persone che conoscevamo. Perché noi siamo sempre stati sul territorio. E lo siamo ancora».

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