«Caro sindaco, giù le mani dal Quisisana» 

L’intervento di Gilberto Galvagni e dell’ex sindaco Eugenio Mantovani: «Il passato non si demolisce»



ARCO. L’ipotesi di una demolizione del Quisisana - da decidere attraverso un referendum - suscita critiche. Nei giorni scorsi il sindaco Alessandro Betta aveva detto che non sarebbe “scandaloso” buttare giù un edificio che già oggi rappresenta un costo per le casse pubbliche. Gilberto Galvagni, storica voce ambientalista arcense, ed Eugenio Mantovani, ex sindaco di Arco, non ci stanno. Entrambi hanno scritto al sindaco contestando la sua posizione.

«Sindaco - scrive Galvagni - guarda che se distruggi le infrastrutture che raccontano la storia, limiti la conoscenza delle origini alle generazioni future e delle tue, ora e per sempre!» «Già hai determinato la scomparsa di Villa S. Pietro (1808/’09), m’immagino - prosegue la lettera -quando sorgeranno quei tre parallelepipedi con altezze spropositate (cinque piani!), un’esplosione di modernità accanto al cinquecentesco palazzo Marchetti ed alla nostra splendida seicentesca Collegiata; che dire di Villa Angherer (il Clero, 1873), lì non ti preoccupare, la vèi zo per so cont! Ora il Quisisana (ah, ma la è zovena la è sol del 1895)…anche lì, se aspetti un attimo, implode, così risparmi il denaro per il necessario restauro conservativo e pure quello per il referendum! E poi? Ecco la novità: una volta tolte le macerie…un bel parcheggio!! A la faccia della storia, del Kurort e de quei quatro pelandroni de “isti”!». «Devo continuare? Villa Olivenheim (1888, ex Argentina, sparita!); quella struttura modernissima in luogo dell’antica struttura esistente soto le crone del Colodri, ‘n mèz a l’olivaia, a le “Coline” realizzate nel ‘700… mi domando e Ti domando, come fa un vecchio cittadino ammalato d’amore per la “sua” Arco, a non temere che con la Tua politica, con la Tua visione delle cose…tutto verrà stravolto…la prossima variante dei centri storici? Scusami ma mi tremano i polsi!». «Lo so che non siamo sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, ciò è umano, la mia è una personale opinione, ma è determinata e suffragata da una consapevolezza che tutto ciò che di bello ho trovato mi è stato “lasciato in prestito” dalle generazioni future e prestito significa: restituire!».

«Mi pongo io, ancora oggi, qualche interrogativo, dopo 20 anni, sulla opportunità della demolizione dei capannoni della Caproni lungo il Sarca - scrive invece Mantovani - eliminando così un segno della architettura industriale e della storia locale. Fu opportuno, per creare un grande parcheggio prima di entrare nel centro di Arco? Se lo ponga anche Lei il dubbio sul Quisisana, dato che lo “scandalo “ non è ancora perpetrato! Chieda lumi e pareri per non doversene pentire poi, eliminando un edificio che rappresenta, assieme al San Pancrazio e alle Palme, un manufatto di architettura sanitaria dell’800 e posto (dato non marginale) in una posizione di rilievo, a cornice, con Villa Italia e le Palme, del monumento all’Arciduca nell’omonimo largo». «È pericolosa questa mania di demolizioni per poi realizzare, affidando la progettazione a mani infeconde (vedi ex Pernici, ex Parenti), condomini di dubbio gusto e mal inseriti nel contesto paesaggistico e storico del sito. Dopo il grido di dolore di Gilberto Galvagni, mi sarei aspettato stavolta sì, una discesa in campo dello Speziale (Carlo Tamanini ndr), meritando tale ventilata ipotesi - conclude l’ex sindaco - una presa di posizione ben più forte della discutibile rimostranza per i bidoni arancione della spazzatura cittadina».















Scuola & Ricerca

In primo piano