L'arte di Loredana Longo, un grido contro le guerre



MARSALA - Dirompente, sperimentatrice, provocatoria: l'arte di Loredana Longo distrugge e ricostruisce, creando opere scenografiche e suggestive. Come quelle esposte nelle sale del Convento del Carmine di Marsala, dal primo luglio al 15 ottobre, nella mostra 'Resta, Esisti, Resisti/Stay, Exist, Resist', a cura di Sergio Troisi. È un'importante raccolta di opere dell'artista, catanese di nascita e milanese d'adozione, in una mostra-denuncia contro tutte le guerre.
    Nel progetto espositivo, prodotto dall'Ente Mostra di Pittura "Citta di Marsala", presieduta da Riccardo Rubino, l'artista porta anche tre nuovi lavori, due installazioni site specific e una scultura. Il primo ha come titolo 'Nessuno vincerà, ma tutti ci feriremo' (2023), un esercito di mani in cemento che brandiscono colli di bottiglia sbeccati, appuntiti, pronti a ferire. È un'opera che condensa i turbamenti e le preoccupazioni sul futuro dell'umanità e del pianeta che, anche senza la guerra in Ucraina e la pandemia, scuotono da tempo il nostro vivere quotidiano. "Giacciono sul pavimento come un esercito sgominato - commenta il curatore Sergio Troisi - e ricordano il guerriero caduto di Guernica con in mano la spada spezzata o al contrario pronto a rialzarsi, e ancora una volta il tempo dell'azione si mantiene in bilico tra il resoconto di ciò che è accaduto e l'attesa di quel che potrà avvenire". La seconda installazione, concepita espressamente per il Convento del Carmine, si snoda tra le arcate del porticato e ha come titolo 'Sulla loro pelle': lembi di stoffa ritagliati, bruciati, annodati, simili ad abiti che ricalcano la pelle, ma incastrati tra le reti per finire in blocchi di cemento. Il terzo lavoro è l'iconica scultura monca in cemento e tessuto mimetico 'Victory', parola con cui Longo si misura da anni sperimentando forme, materiali e strumenti sempre differenti per un'opera concettuale che, volutamente scomposta - monca di una lettera caduta, rotta, smarrita - afferma in modo trionfale la sua esatta antitesi semantica: nessuna vittoria è totale.
    Il linguaggio artistico di Loredana Longo, che lei stessa ha codificato come "estetica della distruzione", è visibile anche nelle altre opere esposte: nella serie 'Explosion' (2006) con video che documentano l'esplosione e la distruzione di salotti, specchiere e status symbol borghesi da cui si generava un nuovo ordine formale; in 'Carpets' (2013) dove il fuoco, elemento primordiale che è insieme cancellazione e purificazione, è lo strumento con cui Longo imprime segni indelebili sulla materia.
    È anche nella serie 'Capitonnè SkinWall', dove l'impronta del suo corpo violentemente lanciato su una parete imbottita produce silhouette umane che sembrano non ricordare nulla del contatto brutale da cui sono generate.
    "Nel lavoro ormai più che ventennale di Loredana Longo - spiega il curatore - la strategia operativa dell'impronta ritorna più volte con materiali, tecniche ed esiti tra loro anche molto differenti che condividono quello che è l'orizzonte di ricerca dell'artista: una drammaturgia del conflitto che da un dato individuale si è andata progressivamente allargando a comprendere i grandi temi politici e sociali del nostro tempo".









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