8 marzo

La direttrice del Museo civico di Rovereto: «Parità, nulla ci viene regalato»

Alessandra Cattoi ha anche un’esperienza da assessora a Roma: «Serve una presa di coscienza, forte»


ILARIA PUCCINI


ROVERETO. «Le donne non dovrebbero rivendicare parità di salari e trattamento, perché già il fatto che sussista questa discriminazione è un'anomalia. La vera uguaglianza ci sarà quando per noi non sarà più necessario condurre queste battaglie. Ma fino ad allora, sarà indispensabile renderci conto che nulla ci sarà regalato e che tutto dipende dalla nostra capacità di prendere la parola e farci avanti». Alessandra Cattoi dal 2018 è direttrice della Fondazione del Museo Civico di Rovereto.

Nella sua carriera è passata per i mondi del giornalismo, della divulgazione scientifica e della politica, lavorando in commissione sanità al Senato e nell’amministrazione comunale di Roma col sindaco Ignazio Marino: assessora a Scuola, Giovani e Pari Opportunità. Nata a Trento e cresciuta a Riva, a Bologna la prima esperienza fuorisede.

Da una prospettiva di genere, quali differenze? Ho studiato Storia contemporanea all'Università di Bologna. Seppure questa scelta fosse influenzata da un impegno civico e politico già presente, non sentivo ancora forti le questioni di genere. A Bologna il clima era molto più vivace e per la prima volta iniziai ad approfondire le questioni dei diritti delle donne e le lotte per l’emancipazione nei secoli. Un’onda lunga in cui siamo ancora dentro.

In quali ambiti si sono ottenuti più risultati, e dov’è che invece c’è ancora da lavorare? Nel campo della consapevolezza rispetto al tema abbiamo compiuto grandi progressi. Le adolescenti di oggi sono molto più sicure del loro essere giovani donne rispetto a prima, un cambiamento che dobbiamo alla cultura, al dialogo, ai film, ai libri, ai racconti giornalistici, e alle lotte politiche anche in Parlamento. Invece ci sono ambiti fermi da sempre, ad esempio la differenza di salario. Giornalismo, scienza e politica paiono ambiti ancora maschili. Nei media, anche se i direttori sono ancora tutti uomini, nel mio lavoro quotidiano ho sempre percepito una certa parità. Dopo gli studi in Francia mi sono occupata di divulgazione scientifica e ho constatato il ruolo importantissimo delle donne anche in sanità. Al contrario, in politica si devono compiere ancora tanti passi.

Eppure non si parla che di Giorgia Meloni ed Elly Schlein, due donne a capo dei principali partiti di maggioranza e opposizione. Come ne parliamo? Sono le due protagoniste della politica italiana, ma continuiamo a riferirci al loro essere donne come se fosse curioso, e soprattutto continuamo a chiederci «vediamo cosa sanno fare». Dubbio che si portano sulle spalle come donne.

Giorgia Meloni si pone con modi “maschili” per ottenere rispetto. Penso che la cosa più sbagliata che si possa fare è cercare di affermare la parità di genere femminile assimilandosi al genere maschile. Le differenze tra uomini e donne, nel modo di relazionarsi, di comunicare e di fare rete ci sono, e non vanno negate. Che la Presidente del Consiglio debba farsi valere con un appellativo al maschile è una debolezza.

Lei lamenta una certa ipocrisia nel mondo della politica. Nei miei sette anni come consulente scientifica alla commissione Sanità del Senato, nonostante la parità sia assicurata a parole, nei fatti non si percepisce. Le disparità passano per il numero di interventi di uomini e donne o per il fatto che figure chiave siano da sempre appannaggio maschile.

Nella sua esperienza da assessora alle Pari opportunità a Roma si è occupata di linguaggio. Credo che la forma sia sostanza, dunque riconoscere un linguaggio di genere aiuta a diffondere una cultura corretta. Pensiamo alle pagine sportive dei giornali, alle foto «degli atleti» contro quelle «delle ragazze del coach». Si tratta proprio di una cultura che lo normalizza. L’esperienza in Giunta a Roma è stata una delle più significative e forti della mia vita professionale: abbiamo lavorato con scuole e centri antiviolenza, trattando la questione femminile sia nelle accezioni più drammatiche sia in ottica costruttiva, con iniziative di educazione al rispetto.

Quali sono le principali differenze tra il Trentino e Roma? Difficile paragonarli. A Roma si passa da realtà di perfetta parità a contesti di assoluto degrado dove la violenza è la regola. In Trentino non c’è questa polarizzazione e la violenza è più sommersa. La mia percezione è parziale in quanto vivo qui da adulta da pochi anni e sono approdata sin da subito in un ambiente, quello culturale,“protetto”. Ma a Roma spesso si è preso il Trentino con i suoi centri antiviolenza come modello di supporto per le donne.

Qual è stato il maggior ostacolo che ha dovuto affrontare? Per fortuna ho un temperamento che non si scompone. Ma ho sempre avuto, tranne pochissime eccezioni, la necessità di far notare ai miei superiori maschi che non si potevano rivolgere a me con certi toni. Per una donna, senza la determinazione non arriva nulla.

Le donne hanno un importante ruolo anche al Museo Civico. Il nostro museo, come altre realtà culturali, vanta una sostanziale parità, anche tra le figure di riferimento, con referenti scientifiche donne. Quello che va corretto è lo stupirsi rispetto a organi dove le leader sono in maggioranza donne, perché vuol dire che le percepiamo ancora come eccezioni. Abbiamo poi adottato iniziative di formazione sul linguaggio per il personale, perché l’educazione riguarda tutti, donne e uomini.













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