Walter Insam, dal primo Alto Adige alla serie D E poi il Mezzocorona

MEZZOCCORONA. Quando si parla di bandiere biancorosse non si può non issare quella di Walter Insam. Centrocampista dai piedi virtuosi ma possenti e capaci di disegnare traiettorie imprendibili,...



MEZZOCCORONA. Quando si parla di bandiere biancorosse non si può non issare quella di Walter Insam. Centrocampista dai piedi virtuosi ma possenti e capaci di disegnare traiettorie imprendibili, soprattutto sui calci di punizione. La bandiera di Walter Insam è sventolata sulla storia dell’Alto Adige per “sole” quattro stagioni. Un tempo esiguo per chi ha l’ambizione di scrivere il proprio nome nel libro della storia della società biancorossa, un tempo sufficiente, però, per Walter che in quella società che stava per emettere il primo vagito vestì i panni del “William Wallace” in salsa tirolese. Walter Insam, fratello di Sepp lo stratega del primo Alto Adige, ha vergato di epica le pagine “primordiali” di una compagine costruita per vincere. E nulla più…solo per vincere. “Debuttammo con la nuova maglia dell’Alto Adige in promozione nella stagione 95-96. Con la matricola del Millan, fu depositato in lega il cambio di denominazione con il nuovo scudetto e con il direttivo che contava come presidente Hans Huber, mio fratello Sepp era il Ds e tra i dirigenti c’era anche il futuro presidente Leopold Goller. La squadra era composta da tanti talenti: c’era Reinhold Harasser, Lazzarini, Bazzanella, Memmo, Turri, Obexer, Kerschbaumer, Crepaz, Kuno Pizzinini, Tescaro, Omar Goller.L’obiettivo era quello di vincere e subito! Un concetto chiaro sin dal primo giorno e reso noto a tutti, nessuno escluso. I dirigenti ci dissero che l’Alto Adige poteva essere tenuto in vita solo con le vittorie, altrimenti il progetto non avrebbe avuto seguito. Il ragionamento aveva il suo fondamento nel fatto che si trattava di una società che, a quei tempi, non aveva né una sede, un campo, un centro sportivo. Quindi l’unica cosa che c’era da fare era quella di vincere e subito! Ricordo che un allenamento si faceva ad Albes, un altro al campo militare di Varna, un altro allo Jugendhort, il ritiro si faceva a Barbiano o due tre giorni a Fortezza. Siamo stati una squadra “globe-trotter” perché non avevamo alcun punto di riferimenti. Contava solo il risultato che riuscimmo a maturare grazie al nostro entusiasmo e quello dei dirigenti. Tanto bastò a raccogliere i primi successi”.

E quando si parla di successi il pensiero viaggia sui campionati di Promozione ed Eccellenza, vinti a mani basse dalla “supersquadra” Alto Adige guidata da capitan Insam.

“Ripeto dovevamo solo vincere. Fu così che sbarcammo in quarta serie, dopo aver strapazzato la concorrenza nel torneo di Promozione ed anche quello di Eccellenza. Nel massimo torneo regionale la squadra più blasonata era il Mezzocorona che esibiva il talento di “certo” Giunchi, e fu proprio la squadra gialloverde l’unica che seppe tenerci testa…ma non più di tanto perché il mio Alto Adige era proprio imbattibile. Giocavamo con in testa le parole che ci aveva consegnato la società: la storia dell’Alto Adige continuerà solo se vincete il campionato, altrimenti la società rischia di perdere credibilità e tutto il resto non esisterà più”.

L’invincibile armata di Walter “Wallace” Insam, fu costruita certosinamente proprio da Sepp, che riuscì ad assemblare uno scacchiere zeppo di individualità locali ed anche del Trentino.

“Tutti ottimi giocatori. Merito di Sepp che seppe convincere il gruppo che arrivava da fuori come ad esempio Zandonai e Rigoni. Un gruppo davvero imbattibile…pensi che nella partita d’esordio in serie D giocò la stessa squadra che aveva affrontato il torneo di Promozione. Che partita! Affrontammo il Reggiolo di un certo Iaquinta, uno che avrebbe vestito poi la maglia della Juventus e vinto il Mondiale in Germania con la Nazionale”.

Walter Insam è stato il leader discusso della squadra biancorossa, legittimato non solo dal carisma ma anche quella fascia di capitano che, ogni tanto, condivideva con Obexer.

“Si è vero! – conferma Walter Insam – a quei tempi si dava la fascia di capitano ad uno del posto, ma quando andammo a giocare sui campi extraregionali la società ritenne più opportuno affidare la fascia al sottoscritto. Con la maglia dell’Alto Adige ho giocato un centinaio di partite e quello che mi piace ricordare è il fatto di essere stato anche il vice cannoniere della squadra, con Turri in prima fila. Il gol più bello: l’1 a 0 nella partita di esordio in serie D contro il Reggiolo, su calcio dir gore. Vincemmo due a uno, con il gol di Iaquinta, mentre il nostro raddoppio fu segnato da Memmo. Specialista sui calci di punizione? Così dicono…ricordo che approdammo ai quarti di Coppa Italia battendo il Borgosesia con due mie staffilate. Un’altra che ricordo con piacere è quella messa a segna con il Portogruaro, sempre doppietta e su punizione”.

Il perché è spiegato molto semplicemente, perchè i nuovi membri del consiglio direttivo vollero allontanare mio fratello dalla società, facendo di tutto per portarlo fuori dall’Alto Adige. Sepp capì la situazione e se ne andò, con lui furono tagliati tutti i suoi “fedelissimi” che con lui avevamo fatto la gavetta in Promozione, Eccellenza e nei primi due anni di Interregionale. La pizzata al “Tramestch” con Werner Seeber

La bandiera biancorossa di Walter “Wallace” Insam sventolò per sole quattro stagioni, perché come spesso accade anche le bandiere vengono ammainate e srotolate con un altro scudetto.

“Passai al Mezzocorona nella stagione 1999-2000. Fu mister Coppi, che ebbi come allenatore in Eccellenza con l’Alto Adige, a volermi in quella squadra accettando di giocare in Interregionale. Con la maglia del Mezzocorona fui in campo nella partita che assegnò all’Alto Adige la promozione in serie C2 (match deciso dal gol di Girlanda, ndr). Emozione? Non provai nulla di particolare, l’unica amarezza fu data dal fatto di non esser stato invitato alla festa di promozione, mentre altri ex miei compagni ricevettero l’invito. L’Alto Adige di oggi? Già ebbi l’occasione di dire che questa società ha un problema con il passato, perché l’attuale artefice della storia della squadra altoatesina è il signor Krapf, vicepresidente allora e vice presidente adesso. In tutte le società calcistiche si cerca sempre di avere il consenso di vecchi giocatori, ed anche di giocatori che hanno segnato un’epoca. Ma questo non è avvenuto tra l’Alto Adige di allora e quello del terzo millennio. Evidentemente gli effetti della rottura tra quella società con mio fratello Sepp si riverberarono anche sul sottoscritto. Che dire…fa parte dello sport? Può darsi. Il fatto è che negli anni ho capito e vissuto tante cose. Concetto rafforzato da un ricordo: nella prima stagione in Interregionale ci salvammo per il rotto della cuffia, e una delle ultime partite la perdemmo 5 a 1 contro lo Schio fuori casa. Il lunedì successivo Harasser ed io fummo convocati a Termeno nell’ufficio del signor Gabalin alla presenza di Goller, Sepp, Huber, Schaller e tutto lo staff dirigenziale, tutti ci ribadirono nuovamente che qual ora la società fosse retrocessa la bolla Alto Adige sarebbe esplosa. A me ed ad “Asso” diedero pieni poteri e tutto il loro supporto per riuscire ad evitare la retrocessione. In quell’occasione ci fu anche detto che se avessimo raggiunto l’obiettivo ci avrebbero assegnato dei ruoli importanti in società. Promesse non mantenute, tanto è vero che l’anno successivo furono “tagliati” sia Sepp che Walter. Li imparai che nel calcio certi valori non hanno alcuna importanza”.













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