Punta Veleno, la salita che fa paura

Nel veronese la prova della tappa "impossibile" del Giro del Trentino


Gianpaolo Tessari


CASTELLETTO (VERONA). Si chiama Punta Veleno. Vi si sale per una località denominata Lumini e passando per Prà Bestemà. Se i nomi assegnati dalla vox populi hanno un senso - e qui lo hanno - avrete capito che la Punta in questione di veleno in corpo ne ha fin che basta. L'erta assassina, una vecchia mulattiera asfaltata alla meglio che regala splendide visuali del Lago di Garda, è già la star del prossimo Giro del Trentino: vi ospiterà l'arrivo della terza tappa.

Sentite come la valuta uno che se ne intende, Gilberto Simoni, due Giri d'Italia in bacheca, strappati proprio dove la strada sale: «Questa Veleno è più dura dello Zoncolan. Non concede respiro servirà una moltiplica in stile mountain bike per salirvi», spiegava agli stupefatti compagni di salita (in automobile) che con lui ieri mattina hanno visionato la tappa.  Già, ieri gli organizzatori del Giro del Trentino hanno fatto pregustare agli addetti ai lavori quello che potrà avvenire su questa salita, con pendenza media del 17% e punte del 21%, 12 tornanti che salgono senza respiro dal lago a 1200 metri. Siamo sulla sponda veronese del lago di Garda, a Castelletto, ad un tiro di schioppo da Malcesine.

La Punta deve il suo nome, dice la leggenda, ad un sopralluogo che vi compì negli anni '70 l'allora mitico patron del Giro d'Italia, Vincenzo Torriani: «Questa erta è sin troppo velenosa per essere inserita nella corsa rosa» e la salita rimase nel dimenticatoio sino ad oggi. Parzialmente perché, tanto per dirne una, Paola Pezzo vi stabilì una sorta di record salendola in mountain bike in 50 minuti. «Qui dovrò assolvere i corridori dalle loro comprensibili imprecazioni per la fatica», scherzava ieri il capellano del ciclismo don Daniele Laghi sul fuoristrada di cui sopra. Con il don, il Gibo, il mitico lume tutelare del ciclismo cembrano Nino Marconi, un paio di giornalisti. E, a dare vita alla "Veleno" una squadra di scalatori per eccellenza, la neonata Coldeportes colombiana. Progetto di Claudio Corti con base in Lombardia e sede del ritiro proprio sul Garda, in quel di Torbole.

Sui tornanti (la metà almeno, gli altri erano intransitabili per la neve) si sono sfiancati gli agilissimi camosci sudamericani: uomini avvezzi alla fatica, tra cui spiccano la speranza Fabio Duarte e l'esperto Victor Hugo Pena, uomo che ha indossato la maglia gialla al Tour de France.  I colombiani sono, come tutti a gennaio, alla ricerca della condizione. Per un buon tratto sono stati accompagnati da Alessandro Bertolini, Androni, mentre i due trentini della Liquigas, Daniel Oss e Moreno Moser, sorta di graditi ospiti visto che ad aprile saranno in Belgio, hanno assaggiato solo una porzione di veleno. Qui servirà l'antidoto.













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