«Per salvare il futuro del nostro sport è stato importante gareggiare» 

Lo sport ai tempi del Covid-19. Il campione grestano rientra in Trentino: «Dobbiamo essere orgogliosi di come abbiamo saputo affrontare la pandemia con un grande senso di responsabilità» 


LUCA FRANCHINI


val di Gresta. La stagione 2020 è andata in archivio. Per tanti versi difficile, più corta nel calendario ma alla fine più lunga e logorante di molte altre. Cesare Benedetti ha scelto la Polonia, la seconda casa, per ricaricare le batterie. Ha trascorso due settimane a Gliwice, la città della moglie Dorota, e ora rientrerà in Trentino per riprendere la preparazione in vista del 2021.

L’anomala stagione 2020 è finita. Causa lockdown è stata concentrata tra agosto e ottobre.

Ad agosto è stato come ricominciare tutto da capo. Per le squadre non è stato facile organizzarsi, con poche corse in calendario e tanti corridori a disposizione. Per questo sono contento di aver gareggiato e sono contento di come il ciclismo sia riuscito ad affrontare la situazione. Gareggiare era di importanza vitale per salvare il futuro del nostro sport.

Il ciclismo è risultato uno degli sport più virtuosi in tempi di pandemia.

Penso che il ciclismo debba essere orgoglioso di come ha saputo affrontare la pandemia (si parla del 0,34% di casi positivi su tutti i tamponi effettuati in gruppo dall’inizio dei controlli, ndr). Tutte le corse di cartello, Roubaix a parte, sono state salvate.

Parliamo di uno sport che non si svolge in uno stadio o in un palazzetto, ma sulle strade.

In altri sport si fa presto a escludere o limitare il pubblico. Nel ciclismo tutto è più difficile. Se il nostro si è dimostrato uno degli sport più virtuosi, è grazie al senso di responsabilità messo in campo dai corridori, dagli staff delle squadre. Tutti avevamo responsabilità doppie: se nel tennis un giocatore risulta positivo, non gioca. Nel nostro caso rischiava di fermarsi un’intera squadra. La mancanza di responsabilità di uno poteva causare un danno enorme a tutti.

Si è sempre sentito sicuro?

A parte alcune situazioni, sì. Al Giro d’Italia avevamo il camion-cucina della squadra, quindi mangiavamo per conto nostro, come avvenuto nelle principali corse del calendario.

E con il pubblico durante il Giro?

Credo che indossare la mascherina all’aperto non fosse un grande problema, soprattutto nei cinque minuti in cui passava la corsa. Si vedeva gente, invece, che proprio quando passavamo si tirava già la mascherina per incitare i corridori.

Quali sono state le sostanziali differenze che ha notato rispetto a un Giro “normale”?

L’unica grande differenza era la delimitazione della zona parcheggio, dove c’erano i bus delle squadre, e anche dopo il traguardo c’era una parte delimitata. Nelle partenze e negli arrivi, a parte le mascherine, non ho invece notato grandi cambiamenti.

Ha visto differenze tra una corsa e l’altra?

Ho visto differenze di comportamenti. Guardando il comportamento della gente, capivi dove aveva vissuto la primavera, il periodo più difficile. Al Giro di Lombardia, anche se non c’era l’obbligo della mascherina all’aperto, molti la indossavano comunque. Mi sono reso conto che quella gente era rimasta “scottata” dal virus.

Quanti giorni di gara ha fatto nel 2020?

38, contro i 60 e più del 2019. Dei 38 giorni di gara, 8 li ho fatti in Australia in gennaio, gli altri 30 da agosto a ottobre.

A differenza di quanto si potrebbe pensare, la stagione è stata più lunga e logorante rispetto al solito.

È stata corta per quanto riguarda le corse, ma non per gli allenamenti. In primavera ero in Polonia e lì mi sono sempre potuto allenare. Lo ho fatto perché mi arrivava puntualmente la tabella da seguire da parte della squadra e perché mi è sempre stato corrisposto lo stipendio. Non era facile allenarsi, fare lavori specifici senza un obiettivo, ma è stato utile per rimanere attivo, anche a livello mentale.

Benedetti è rimasto in sella per oltre 11 mesi.

Ho cominciato in Australia in gennaio e ho chiuso a fine ottobre con il Giro d’Italia. Ho fatto 11 mesi e mezzo in sella, da metà novembre 2019 a inizio novembre 2020. Mi sono preparato solo in bici. Non sono riuscito a fare altro.

Il fisico ne ha risentito?

Al Giro ho avuto problemi di schiena e sono convinto che siano legati a quello. Quest’inverno voglio riprendere la preparazione come ho sempre fatto in passato. Voglio dedicare più tempo all’attività alternativa, alle camminate in montagna, allo sci alpinismo, alla mountain bike.

Avrà più tempo, visto che il consueto ritiro del mese di dicembre non ci sarà.

Ci ritroveremo per quattro giorni soltanto per fare le visite mediche e i test fisici. Hanno annullato le corse australiane di gennaio e il ritiro di dicembre è saltato.

Nel 2019 aveva conquistato una splendida vittoria di tappa al Giro d’Italia, a Pinerolo. Il 2020, invece, cosa le lascia?

La vittoria di Peter Sagan al Giro. Una bella soddisfazione, perché è arrivata dopo tanti piazzamenti, dopo tanto tempo senza successi, non erano mancate le critiche.

Per il 2021 cosa si augura Cesare Benedetti?

Di poter correre con regolarità e di farmi trovare pronto nel momento in cui servo. Spero di fare bel calendario, un Grande Giro, e di tornare a disputare le classiche delle Ardenne. Avrò 34 anni e spero di non sentirli. Sono ancora molto motivato, da quel punto di vista sono ancora fresco.

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