Lo sport piange un grande È morto Felice Gimondi
Ciclismo. Il bergamasco vittima di un infarto mentre stava facendo un bagno. 77 anni, vinse i tre grandi Giri e il Mondiale. Moser: «Era un duro, quando pensavi che fosse finito, lo trovavi davanti»
Trento. L’ex campione italiano di ciclismo Felice Gimondi è morto per un infarto mentre faceva il bagno nelle acque di Giardini Naxos. Gimondi, che avrebbe compiuto 77 anni il prossimo 26 settembre, si trovava nella località balneare siciliana quando si è sentito male. La notizia è stata confermata dai carabinieri. Inutili i tentativi di rianimarlo da parte di alcuni bagnanti e dei medici del 118.
La carriera e le vittorie
Professionista dal 1965 al 1979, è stato uno dei sette corridori capaci di vincere tutte e tre le grandi corse a tappe, Giro d’Italia (nel 1967, 1969 e 1976), Tour de France (1965) e Vuelta di Spagna (1968). Deteneva il record di podi al Giro d’Italia, nove. Vinse il campionato del mondo del 1973 (a Barcellona), una Parigi-Roubaix, una Milano-Sanremo e due Giri di Lombardia. Vantava 118 vittorie tra i professionisti, nonostante avesse dovuto fare i conti con il “Cannibale” Eddy Merckx. Dopo il ritiro fu direttore sportivo della Gewiss-Bianchi e poi presidente della Mercatone-Uno di Marco Pantani.
Il ricordo di Francesco Moser
«L’ho visto all’ultimo Giro d’Italia, abbiamo mangiato assieme alla tappa di Courmayeur – dice l’ex campione del mondo trentino Francesco Moser – proprio quando ha preso la maglia Carapaz, che poi avrebbe vinto la corsa a tappe. Abbiamo parlato del più e del meno. E ci eravamo visti anche a febbraio, alla presentazione della tappa di Pinerolo, c’era anche Saronni, ho ancora le foto nel telefono. Da tempo diceva che non stava più tanto bene, che non poteva più andare in bicicletta, perché aveva avuto diversi acciacchi. Due anni fa, mi sembra, era caduto da una scala mentre lavorava per sistemare una grondaia, mi pare si fosse rotto le costole, la moglie lo aveva tanto sgridato».
Ma che ciclista era, per Francesco Moser, Felice Gimondi? «Lui era un duro, uno che non mollava mai: quando credevi che fosse finito, te lo ritrovavi davanti – prosegue il campione di Palù di Giovo – Quando ha vinto il suo ultimo Giro d’Italia, nel ’76, era stato vittima di una caduta eppure s’impose e il sottoscritto chiuse terzo. Corremmo assieme dal ’73 al ’79, se non sbaglio, quando vinsi il Mondiale del ’77 in squadra c’era anche lui. Quando correvamo non andavamo tanto d’accordo, anche se non siamo mai stati protagonisti di episodi spiacevoli. Lui i suoi scontri li aveva avuti con Eddy Merckx, io appartenevo alla nuova generazione, lui era il “vecchio” e il “nuovo».
Motta: un colpo durissimo
«È un colpo durissimo che mi lascia senza parole. Eravamo nemici sempre, ma c’era grande rispetto per l'uomo, per l’atleta e per il rivale», ha detto Gianni Motta all’Ansa. «Con lui e ne va un pezzo della storia d’Italia e anche della mia - ha proseguito Motta -. Eravamo entrambi nati poveri e siamo cresciuti a forza di colpi sui pedali. Eravamo rivali, litigavamo. Una volta lo chiamai e gli dissi basta litigare, Felice, pensiamo solo a correre».
©RIPRODUZIONE RISERVATA.