«Dieci anni dopo, più  vecchio e più uomo,  finirò qui la mia carriera» 

Il capitano. «Difficile fare previsioni dopo il virus, ma la Dolomiti Energia avrà la solita serietà»


Federico Casna


Trento. Anche nell’era dell’alta definizione, Andrés “Toto” Forray resta in bianco e nero. Ormai difficilmente verrebbe riconosciuto con altri colori: un po’ perché veste la canotta dell’Aquila Basket da ormai dieci stagioni stracolme di successi, un po’ perché appartiene a quella specie di giocatori in via d’estinzione capace di legarsi così tanto ad un ambiente da non riuscire più a distaccarsene.

Ed è strano che un playmaker della calorosa e caotica Buenos Aires possa trovare l’humus adatto a far proliferare il proprio basket nella piccola Trento, o almeno lo sarebbe se non fosse per l’incredibile sincronia di vedute con la società di pallacanestro della città. Invece il segreto sta probabilmente proprio lì, in quella dimensione del gioco in cui la volontà, lo spirito di sacrificio e il gioco di squadra sono ritenuti degli strumenti fondamentali per ottenere risultati. A qualche mese dall’inizio di quella che, con ogni probabilità, sarà l’undicesima stagione di Forray con la Dolomiti Energia, abbiamo deciso di fare con lui il punto della situazione bianconera tra passato, presente e futuro.

Partiamo dalla stagione appena conclusa. Come la valuta?

«Penso sia stata una stagione positiva, nonostante fosse un’annata di transizione. In estate abbiamo cambiato delle tessere importanti, a partire dall’allenatore, e abbiamo avuto bisogno di un periodo di assestamento per iniziare ad ingranare. Purtroppo ci siamo dovuti fermare nel nostro miglior momento”.

Con Brienza come si è trovato? Quali sono le differenze rispetto alla gestione Buscaglia?

«Mi sono trovato bene, non era scontato che il coach riuscisse a calarsi subito in una realtà che era stata abituata per così tanto tempo ad un altro allenatore. È arrivato con grande entusiasmo e grande voglia di fare. Rispetto a Buscaglia si concentra un po’ di più sugli aspetti tecnici e tattici del gioco».

King ha affermato che l’arrivo di Gentile ha stravolto le dinamiche della squadra. Ha seguito il botta e risposta? Lei cosa ne pensa?

«No, ho saputo di una discussione tra loro ma non ho approfondito. L’arrivo di Ale? Ovviamente ha cambiato le dinamiche della squadra ed è naturale che sia così perché è un giocatore fortissimo. Era successo lo stesso l’anno prima quando è arrivato Craft a metà stagione e penso che ciò succeda ovunque quando arrivano dei giocatori sopra la media. Nel nostro caso le dinamiche sono sempre cambiate in meglio, quindi penso sia giusto che in generale la squadra si adatti quando arriva un giocatore forte».

Mi corregga se sbaglio, ma tra gennaio e febbraio aveva “tirato le orecchie” ai compagni per l’approccio mentale sbagliato in qualche partita. Cos’era successo e cos’è poi cambiato?

«Ci sono stati un po’ di alti e bassi durante la stagione e, arrivati ad un certo punto, ci siamo detti che dovevamo cambiare rendimento per salvare la stagione. Il gruppo lavorava bene in allenamento ma in partita il nostro impegno non si vedeva, quindi abbiamo deciso di confrontarci, di ammettere i nostri sbagli e di invertire il trend, arrivati a quel punto non si poteva più aspettare. Fortunatamente poi siamo riusciti a ripartire concentrandoci di più sul campionato, una volta che le sorti del secondo girone di Eurocup erano definite».

Per lei invece l’approccio alla partita, l’intensità e lo spirito di sacrificio sono sempre stati fondamentali, come per molti dei suoi colleghi della scuola argentina. È così?

«È sempre stato importantissimo per me. Ho sempre cercato di spronare la squadra a tenere alta l’intensità e la concentrazione, sia in allenamento che in partita, e penso che il nostro spirito di sacrificio sia stato la chiave per superare gli obiettivi che venivano prefissati ad inizio stagione. Non è però un aspetto che viene curato solo da me, è parte di un insieme di valori che la società vuole trasmettere ogni anno alla squadra».

Se lo spirito è sempre lo stesso, in cosa è cambiato invece il Forray attuale rispetto al ragazzo che è arrivato a Trento dieci anni fa?

«Sicuramente è più vecchio (ride, ndr). Scherzi a parte, penso di essere cambiato molto in questi anni e di aver cercato il più possibile di adattarmi al livello tecnico e tattico che, di anno in anno, diventava sempre più elevato. Qui sono sicuramente maturato come uomo e ho provato a migliorare il mio gioco ogni stagione, ma penso che le mie caratteristiche, sia mentali che tecniche, siano rimaste sempre le stesse».

Prima di arrivare a Trento aveva però già militato per diversi anni nelle leghe minori, pensa che questa “gavetta” sia stata utile per lo sviluppo della sua carriera?

«Sicuramente. Nel mio percorso ho avuto la fortuna di ricoprire ogni ruolo all’interno delle gerarchie della squadra. In alcune occasioni sono uscito dalla panchina, in altre sono stato la prima punta della squadra. Questo mi ha permesso di formarmi molto, soprattutto caratterialmente, e di imparare a interpretare tutte le fasi della partita».

Penso che lei sia l’unico giocatore che possa rispondere a questa domanda. Qual è stata secondo lei l’annata in cui Trento ha avuto la squadra più forte?

«Probabilmente il momento in cui abbiamo raggiunto il nostro livello più alto è stato ai quarti di finale di Eurocup con Milano (marzo 2016, ndr). È quello il periodo in cui abbiamo espresso il nostro miglior gioco, insieme a qualche serie playoff negli anni delle finali scudetto».

Che Aquila Trento si aspetta invece per il prossimo anno? E come pensa che cambierà la Serie A?

«Adesso è difficile fare previsioni per il mondo della pallacanestro, però posso dire di aspettarmi dalla Dolomiti Energia la solita serietà nel formare la squadra e nel fare basket in generale. Penso che verrà fatto il possibile per avere una squadra competitiva, sempre nel rispetto delle possibilità della società. Per quanto riguarda la Serie A penso sia impossibile fare previsioni, i prossimi mesi saranno decisivi».

Ha un contratto per l’anno prossimo e ha fatto sapere di volerlo rispettare. Se la società fosse d’accordo, lei vorrebbe chiudere la carriera qui?

«Sì è un ragionamento che andrà fatto a fine anno prossimo ed è una questione che andrà discussa con la società, però la mia volontà è assolutamente quella di finire la mia carriera qui. Non ho dubbi a riguardo».

E dopo le piacerebbe allenare? O vede il suo futuro in un ruolo più esterno?

«Sinceramente non ho ancora le idee molto chiare, quindi potrei dire una cosa e fare tutt’altro un domani. Sicuramente mi piacerebbe tantissimo rimanere nel mondo del basket, poi il ruolo sarà tutto da definire».

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