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"La neve? Scordatevela. Nuovi impianti, soldi buttati"

I cambiamenti climatici condannano lo sci di bassa quota. Il climatologo Dino Zardi: "Sì a una conferenza permanente"


Andrea Tomasi


TRENTO. Quando si parla di ambiente mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi non è mai una buona idea. Resta fuori il sedere e il sole scalda, tanto. Guai a metterla sotto la neve, ammesso che la neve attecchisca. Torniamo a parlare di aumento delle temperature e del Trentino di domani. Dalle pagine del nostro giornale abbiamo lanciato l’idea di una conferenza permanente sulla crisi climatica con regia della Provincia autonoma e , possibilmente, con il coinvolgimento delle migliori intelligenze che abbiamo sul territorio, magari comprendendo il vicino Alto Adige. Il presidente del Parco Adamello Brenta, Walter Ferrazza, ha risposto all’appello e ha fatto sapere che l’ente Parco è e sarà in prima fila. Che si debbano coinvolgere tutti i soggetti competenti e che si debba farlo in tempi rapidi ne è convinto anche il professor Dino Zardi, docente ordinario di fisica dell’atmosfera all’Università di Trento che, con toni pacati, invita tutti ad un atteggiamento responsabile: «Si deve partire dalla risorsa acqua: agire per tempo, creare sistemi di accumulo,ridurne l’uso nell’irrigazione irrigua, non investire in nuovi impianti di risalita diseconomici».

Professor Zardi, nella conferenza permanente l’ateneo dovrebbe avere un ruolo di primo piano. Giusto?

«Giusto e poi ci sono altri soggetti: Fbk, la Fondazione Mach, il Muse e l’Appa, ma ci tengo a dire che la Provincia già sta lavorando in questa direzione. Da un anno lavora per una strategia di sviluppo sostenibile».

Di cosa si tratta?

«La Provincia ha coinvolto vari soggetti - e fra questi un ruolo fondamentale ce l’ha l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (Appa) - per capire quali decisioni prendere in merito all’uso delle risorse. Poi verrà steso un documento che servirà alla Provincia per pianificare gli interventi in materia di energia e di ambiente. Il tutto con un occhio attento all’evoluzione del clima e ai cambiamenti che ci attendono. Poi ci sarà un confronto pubblico, una sorta di restituzione sul lavoro fatto».

Sul giornale di ieri abbiamo parlato dell’agricoltura trentina che, in parte, dovrà aumentare di quota. Valuterete anche questo elemento?

«Si valuteranno tutti i fattori. Verrà fatta una diagnosi, però serve impegno, servono risorse. La qualità dell’ambiente come la salute umana non è una cosa garantita. Ci vuole impegno costante. Ci vogliono risorse per puntare sulla ricerca e l’innovazione. La tecnologia ci aiuta. Bisogna crederci».

Insomma lei dice che bisogna investire, metterci i soldi.

«Bisogna fare una valutazione costi-benefici. Non ci sono solo i costi economici. Ci sono quelli ambientali. Cominciamo a capire dove possiamo essere parsimoniosi nell’uso dell’acqua. Mi vengono in mente certi sistemi di irrigazione per l’agricoltura. Dobbiamo capire come contenere quel dispendio di risorse. Ci vuole il coinvolgimento di tutti, a cominciare dai Consorzi irrigui e dai Bacini Montani».

Dei consorzi ortofrutticoli come Melinda.

«Certo, assolutamente».

Quest’anno c’è meno neve rispetto al 2022. Il rischio è di trovarci senza acqua nella primavera-estate 2023. Lei come la vede?

«Difficile fare previsioni. Credo che sia il caso di aspettare ancora un po’. L’inverno non è ancora finito. Lo scorso anno sono state scarse tutte le precipitazioni, ma nel 2020 ha nevicato fino a maggio. Non è solo un problema di acqua che cade o non cade. In sé, in media, negli ultimi decenni le precipitazioni sono state stazionarie. Il problema è dell’acqua che se ne va, che evapora per le temperature troppo elevate».

E questo ci fa parlare della questione degli impianti di risalita nello sci.

«Qui entriamo nell’ambito delle scelte politiche . Bisogna vedere come cambiano le temperature. È chiaro che se la temperatura media aumenta, ci potranno anche essere dei singoli episodi di nevicate, ma poi il manto nevoso è esposto al caldo».

Sta dicendo che si deve smettere di investire in impianti di risalita, magari nelle zone ad altitudine minore?

«Io non voglio entrare nel merito. I decisori fanno i decisori. Chi ha orecchie per intendere intenda».

Sia un po’ più esplicito.

«È anche una questione economica. Se la gente pensa che sia il caso di buttare i soldi per nuovi impianti di risalita lo faccia».

Come si esce da questa situazione di rischio ambientale?

«Dalle difficoltà si esce in un solo modo: studiando e trovando soluzioni innovative. La task force già esiste».

Torniamo ai soldi da investire.

«Il Trentino si è distinto per gli investimenti in innovazione e ricerca. Da qualche anno ha perso questo primato».

Da quanti anni?

«Da qualche anno».

 









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