Il caso

Test nasali in Alto Adige, a scuola arrivano anche le forze dell'ordine. I sindacati: “Docenti tra l’incudine e il martello”

La Uil Scuola: “La politica ha alzato una bufera deleteria”. La denuncia di Urzì: “Bambini portati via a forza dai loro compagni”



BOLZANO. Tra l’incudine e il martello. Così si sentono i docenti altoatesini in una giornata molto complicata dove ci sono stati i primi bambini esclusi da scuola perché non autorizzati dai genitori a fare il test nasale. A sottolinearlo è il sindacato della Uil Scuola con il suo segretario regionale Marco Pugliese. “La politica ha alzato una bufera estremamente deleteria attorno alla scuola. La tensione questa mattina negli istituti è stata alta sfociando in tanti episodi controversi. D’altronde è facile capire come i docenti siano disorientati in questa situazione stucchevole”.

E allora cerchiami di spiegarla, questa situazione. “In caso di alunni con i genitori che rifiutano il test nasale gli insegnanti si trovano al cospetto di un dilemma. Rispondendo all’ordinanza provinciale devono rimandare gli alunni a casa per la didattica alternativa a distanza (passaggio comunque emotivamente doloroso) ma le famiglie possono impuntarsi chiedendo di far valere il decreto legge. A quel punto si arriva a chiamare le forze dell’ordine come accaduto in diverse scuole perché i docenti, giustamente, non sono la Corte Costituzionale. Un empasse incredibile mentre la scuola avrebbe bisogno di altre discussioni”.

L’amarezza del sindacato, quindi, si concentra su un ordine di priorità sovvertito da una politica intestardita. “La nostra scuola dovrebbe occuparsi di problemi strutturali rilevanti, non di test nasali all’ingresso degli istituti. I temi veramente seri dovrebbero essere la diminuzione degli alunni per classe o il bonus da 500 euro per la formazione dei docenti. Aspetti che stanno alla base della qualità didattica e dei percorsi che offriamo ai nostri giovani. Chi sposta l’attenzione su polemiche e bracci di ferro incomprensibili è responsabile di non concentrarsi sulla bontà del servizio per il nostro futuro. Obiettivo che ogni amministratore dovrebbe considerare primario”.

La denuncia di Urzì.

“La foto dei bambini di una scuola elementare prelevati dalla loro classe e inseriti in una classe separata per seguire improbabili lezioni: una delle soluzioni ideate in una giornata di totale caos da una scuola di Bolzano. Altrove sono scattati gli accompagnamenti alla porta dei bambini, scene che nessuno avrebbe mai voluto vedere e a cui siamo arrivati per una ondata di arroganza e presunzione della giunta provinciale, il Presidente Kompatscher in testa, spalleggiato dagli assessori Achammer e Widmann, come due gendarmi senza alcuna incertezza nell’eseguire gli ordini, e i silenzi complici dell’assessorato alla scuola in lingua italiana. Questa vicenda era iniziata con una sollevata di scudi dell’assessore Vettorato ma era bastato uno sguardo per fare cadere ogni riserva e la scuola italiana si era allineata invece di rivendicare una propria autonomia. Ma la classe dei bambini senza nome, riuniti da diverse classi portati a seguire al rientro a scuola una didattica per forza di cose fuori dal percorso della propria classe di origine, fa indignare. Ce la invia un genitore di uno dei bambini interessati. Ma è uno dei tanti escamotage usati da dirigenti e insegnanti per tentare di rendere umana questa giornata di scuola, che ha perso però tutta la sua umanità perché ha perso ogni umanità la guerra ai bambini che la giunta provinciale ha deciso debbano autosomministrarsi (con esiti ovviamente molto dubbi, e contro le prescrizioni delle stesse case produttrici) il tampone, con gli insegnanti trasformati in virologi. Nessun tentativo di mediazione, castrato ogni tentativo di ragionamento con la spocchia di chi si ritiene sopra tutto e tutti. Ora deve essere il Governo ad intervenire: almeno la scuola statale è statale e deve essere esercitato il pieno diritto di controllo da parte del Governo se ritiene che i suoi figli debbano essere considerati tutti eguali. Inammissibile che in tutta Italia valga una regola e che solo in Alto Adige Kompatscher e i suoi assessori ritengano possa non valere. Come al solito esiste una linea di fondo che non tutti hanno compreso: rivendicare di essere non autonomi ma indipendenti dall’Italia, in puro stile catalano. Solo che in Catalogna lo Stato è intervenuto. Il minimo che qui noi abbiamo chiesto sono gli ispettori ministeriali”, dice Alessandro Urzì, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia e consigliere regionale e provinciale in una nota.













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