Bondone

Il triste addio alla Malga Brigolina

Dopo 9 anni e con altri 6 di contratto già firmato davanti, la famiglia Dallapè ha rinunciato alla gestione. Dall’1 gennaio è chiusa e difficilmente riaprirà i battenti entro la prossima estate. "Asuc troppo rigida, impossibile lavorare bene"


Luca Marsilli


TRENTO. Dopo 9 anni e con altri 6 di contratto già firmato davanti, la famiglia Dallapè ha lasciato Malga Brigolina. Dall’1 gennaio è chiusa e difficilmente riaprirà i battenti entro la prossima estate: a oggi non c’è un bando per l’assegnazione e, fatto forse ancora più preoccupante, non ci sarebbero aziende agricole interessate a rilevarla. Perché se i moltissimi trentini che ne hanno fatto negli anni un punto fermo per le proprie escursioni sul Bondone pensano all’agriturismo e ai suoi piatti trentini, la componente zootecnica per l’assegnazione è irrinunciabile: 60 mucche, almeno il 70% delle quali di proprietà dei gestori. Requisiti che riducono a pochi i potenziali gestori.

Ma la domanda, visto che la passione con la quale hanno lavorato in questi 9 anni è stata ripagata da ottimi risultati in termini di clienti della Brigolina, è perché lascino i Dallapè. Che con le loro radici storiche di allevatori e una solida conduzione familiare riuscivano a sfruttare al meglio sia la parte caseificio e lavorazione delle carni che quella di ristorazione. «Abbiamo lasciato semplicemente perché non c’è stato verso di trovare una collaborazione con l’Asuc proprietaria della struttura. In due parole: non si può lavorare a queste condizioni. E non abbiamo intenzione di restarci sotto, come azienda, perché tra Asuc e Forestale non si riesce a portare avanti nessun ragionamento costruttivo». La spiegazione è di Clemente Dallapè, il «capostipite» di una azienda agricola in cui lavorano anche il fratello, la moglie, le tre figlie e i fidanzati di due di loro.

«La gestione di una struttura come la Brigolina non è semplicissima. Ci sono i pascoli da curare e difendere dall’avanzare del bosco, il caseificio da portare avanti nel rispetto delle norme e lo stesso la cucina e la sala. È un lavoro complesso. E bisogna poter intervenire facendo quello che serve in tempi ragionevoli. Invece per l’Asuc e la Forestale ogni proposta e richiesta sembra una follia: non si riesce a capirsi su nulla. Dalla ristrutturazione dell’edificio, per la quale si sarebbero potuti ottenere contributi importanti ma che non si è voluta fare, fino a interventi di impatto minore ma comunque decisivi. La risposta è sempre no. E così, appunto, non si può lavorare».

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, la proposta di mettere pannelli fotovoltatici e solari per abbattere il costo dell’energia.

«Noi d’estate pagavamo bollette dell’ordine dei 7.000 - 8000 euro. Un impianto fotovoltaico da 20 chilowattora può costare oggi 30.000 euro e visto che il consumo di energia è tutto estivo e diurno, avrebbe ridotto le spese quasi a zero. Ho proposto di arrangiarmi e poi, fatture alla mano, di recuperare la spesa nel tempo riducendo di una quota l’affitto: i 3.500 euro al mese che pagavamo. Mi è stato risposto di no. Ho offerto anche di ricalcolare l’affitto, a impianto realizzato, tenendo conto del miglioramento gestionale e quindi aumentando il canone, ma no è rimasto. E allora basta: è solo un esempio, ma credo sia sufficiente per capire cosa intendo dicendo che non ci sono le condizioni per lavorare seriamente».

Con Asuc, Forestale e Comune i Dallapè hanno discusso per mesi. «L’unica risposta concreta che abbiamo avuto è stata la richiesta di dare noi la disdetta del contratto di affitto: preferivano così piuttosto che darcela loro. E lo abbiamo fatto. Dal primo gennaio la gestione della Brigolina non è più nostra. Ci siamo portati via i macchinari e gli elettrodomestici che avevamo comprato negli anni, e basta così. Dispiace, perché l’avevamo tirata su bene, aveva un giro ormai consolidato. E ci lavoravamo tutti volentieri. Però c’è un limite. E se chi dovrebbe collaborare con te sembra interessato solo a metterti i bastoni tra le ruote, forse vuol dire che è meglio che ognuno vada per la propria strada».

La loro è continuare a lavorare a Stravino, normale sede dell’azienda agricola. Quella della Brigolina però è una strada tutta da inventare. Anche partendo oggi, i tempi per pubblicare un bando, fare una gara e assegnare la gestione sono probabilmente incompatibili con l’apertura per la prossima estate. Sempre ammesso che si trovi qualcuno interessato a prendersi in carico l’attività.

 













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