Fare la guida sulle Alpi che cambiano
Il presidente Gianni Casale racconta come nuove mode e riscaldamento globale stiano irrompendo anche sul suo lavoro
TRENTO. Una montagna che si modifica fa emergere nuove problematiche, nuove priorità, soprattutto per una figura professionale come quella della Guida Alpina, che ha la responsabilità della incolumità delle persone che accompagna, sia che si tratti di alpinismo che di escursionismo. Fare rete in questi casi, attraverso organismi che sappiano analizzare i fenomeni per poi generare sempre nuove informazioni e specializzazioni, è la strada maestra. A tal proposito è stato recentemente condotto uno studio da Trentino School of Managment sulle professioni della montagna. Da questa indagine, alla quale hanno partecipato tutti gli specialisti della montagna (maestri di sci, guide alpine e accompagnatori di media montagna e del territorio) emergono nuove configurazioni e nuovi approcci alla professione.
Quale quadro emerge, abbiamo chiesto a Gianni Canale, presidente del Collegio delle Guide Alpine del Trentino che conta 460 soci tra Guide, aspiranti e accompagnatori di territorio?
Ci sono alcuni aspetti della nostra cultura e dei tempi in cui viviamo che potrebbero mettere in crisi la professione di guida alpina nella sua forma tradizionale. Penso alla sportivizzazione dell’alpinismo, molti giovani, diversamente da un tempo, dove crescevano e maturavano esperienze attraverso un approccio all’alpinismo classico, ora si dedicano principalmente all’ arrampicata sportiva, nelle palestre, dove trovano alte difficoltà, ma in ambiente protetto, trascurando maggiormente la complessità e i rischi potenziali dell’ alpinismo d’alta quota. Inoltre, oggi assistiamo a variazioni di lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici, con effetti negativi sulle montagne e aumento del pericolo nella frequentazione, questo non aiuta a creare una pratica alpinistica consolidata. Tutto cambia, tutto si muove sotto i nostri occhi e aumentano i rischi.
A proposito di rischi come si affrontano i cambiamenti climatici in atto, ad esempio, in ghiacciaio, o in zone dove recentemente si sono già verificati dei distacchi di roccia?
Le Guide Alpine sono tra i primi professionisti della montagna ad accorgersi delle trasformazioni subite da ambienti fragili come gli ecosistemi montani, anche perché andiamo in montagna per passione, oltre che per lavoro. Per questo a volte suonano campanelli d’ allarme, cercando di sensibilizzare anche l’opinione pubblica, non soltanto gli addetti ai lavori, promuovendo iniziative che possano allargare l’orizzonte delle conoscenze: convegni, incontri tematici, momenti di confronto con altri territori. Sicuramente oggi dobbiamo avere molta più consapevolezza rispetto al passato, occorre conoscere le condizioni degli itinerari, studiarli in anticipo. Inoltre, l’incidenza dell’innalzamento delle temperature sulle montagne è cosa nota da tempo alle Guide Alpine, che hanno ben presente il problema, valutano le condizioni e prendono decisioni di carattere puntiforme, con ricognizioni specifiche sugli itinerari e sul momento preciso dell’escursione, o della scalata, per minimizzare i rischi, trovando vie d’accesso alternative alle cime, al riparo dai pericoli più evidenti. Occorre rimanere flessibili: essere disposti a cambiare i propri piani e magari anche a rinunciare.
Quindi anche la formazione delle Guide e Aspiranti Guide si è evoluta?
La sicurezza rimane al primo posto, naturalmente, assieme ad uno standard tecnico aggiornato. Per certo sono stati implementati gli sforzi dedicati alla cura del cliente nell’accompagnamento e soprattutto nell’insegnamento: una buona parte dei corsi di formazione sono dedicati agli aspetti didattici per facilitare l’apprendimento delle varie discipline, e questo va a toccare anche gli aspetti psicologici, la comunicazione, l’empatia con le persone. Un ambito dove queste competenze sono particolarmente necessarie è il mondo della scuola, con il quale le guide alpine già collaborano ma, a mio parere, sarebbe opportuno consolidare il rapporto con i ragazzi, attraverso un progetto scuola- montagna da realizzare con le quinte classi degli istituti primari del Trentino.
Accessibilità e inclusione sono aspetti dell’andare in montagna ormai entrati nella quotidianità, come vengono affrontati dalle Guide Alpine?
Esistono iniziative specifiche importanti per la formazione, che si tengono nell’arco dell’anno. Il segreto per acquisire sempre maggiore professionalità rimane la volontà di arricchire il proprio bagaglio di conoscenze attraverso la partecipazione, le occasioni non mancano, basta saperle cogliere. Lo scorso 13 aprile, ad esempio, a S. Lorenzo Dorsino, si è tenuto un seminario che presentava delle esperienze le quali sostengono quotidianamente i valori dell’accessibilità e dell’inclusione attraverso lo sport e l’attività in contesti outdoor, in particolare nelle Dolomiti. In questi luoghi, infatti, la forza del gruppo, gli ostacoli, la tenacia, le diversità, agiscono da stimolo positivo per tutti. L’accesso alla montagna, indipendentemente dal livello di abilità e dallo stato psicofisico, è una realizzazione eccezionale: l’ambiente naturale è quello in cui entrano in gioco le caratteristiche relative alla forza morale, al carattere e alle qualità umane che spesso sono direttamente proporzionali alle difficoltà che si affrontato nella vita.