Ambiente

Al via un “censimento” dei pesci del lago di Garda

Uno studio triennale per mettere a fuoco la salute della fauna ittica, salvaguardare le specie autoctone e pianificare l’attività di pesca
L'ALLARME Il pesce siluro ha conquistato le acque del Garda


Daniele Peretti


LAGO DI GARDA. Quanti pesci ci sono nel Lago di Garda? Quella che sembrerebbe una domanda retorica è invece un quesito fondamentale per riuscire a pianificare l’attività di pesca.

A breve sarà redatto uno studio sulla biomassa ittica basata sulle indicazioni fornite dal Cnr con l’obiettivo di evitare i condizionamenti delle singole categorie interessate alla pesca lacustre. Lo studio era previsto dal documento redatto dal Tavolo di lavoro interregionale coordinato dalla Comunità del Garda di Salò al quale hanno preso parte i rappresentanti delle regioni Lombardia, Veneto e Trentino che aveva come tema l’habitat pesca e ittiofauna.

La proposta arriva da Pietro Volta biologo e ittiologo del Cnr che avuto l’approvazione sia del Trentino che del Veneto, mentre il parere della Lombardia arriverà solo dopo la conclusione delle ormai prossime votazioni. Lo studio avrà durata triennale ed i risultati saranno resi noti nel corso del 2026 e permetterà di avere un quadro sufficientemente chiaro di quanto si può trovare sotto acqua. I risultati saranno funzionali alla valutazione di alcuni importanti interventi sulla fauna ittica come le immissioni e le quote di prelievo.

Un secondo aspetto altrettanto fondamentale, sarà quello di poter proporre al Mite una soluzione alla problematica tutt’ora aperta della salvaguardia delle specie autoctone come l’alborella ed il carpione per le quali è attualmente vietata la pesca per evitarne l’estinzione. Una situazione del tutto simile la vive anche il coregone e stiamo parlando di specie che rappresentavano la ricchezza ittica del Lago di Garda oltre che ricercate specialità gastronomiche.

Un’altra criticità è data dal prelievo incondizionato di tutto quanto può essere minimamente redditizio comprese le carpe che poi vengono rivendute ai laghetti di pesca sportiva. Scardole e carassi finiscono invece sul mercato molto spesso senza nessun controllo sanitario ed acquistati da acquirenti dell’Est Europa. Le testimonianze delle Guardie Faunistiche parlano anche di pesca selvaggia da parte di molti stranieri attuata infrangendo tutte le regole comprese quelle attualmente in corso di divieto del prelievo del coregone col solo scopo di ricavare il massimo guadagno.

A questo punto sono più che urgenti regole certe che regolamentino la pesca. “Siamo ormai prossimi all’introduzione – spiega Filippo Gavazzoni vicepresidente della Comunità del Garda – del tesserino segna catture i cui risultati potranno essere comparati con quelli dello studio per arrivare a dei dati utili sia ad una nuova gestione del patrimonio ittico che del ripopolamento. Un altro aspetto fondamentale per la riuscita del progetto è che al tavolo interregionale “ Pesca-Habitat-Ittiofauna” oltre ai rappresentanti delle tre regioni che si affacciano sul Garda, abbiano preso parte anche tutte le sigle associative dei pescatori sportivi e molti pescatori di professione, nonché il coordinamento delle Comunità del Garda. Purtroppo il tempo stringe perché quanto sta succedendo per il Coregone Lavarello è la stessa situazione che ha portato alla sostanziale scomparsa del Luccio e dell’Agone”. Di certo una sfida che mette in gioco il futuro del patrimonio ittico del Lago di Garda.













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