di Francesco Gallo (ANSA) - ROMA, 16 APR - "La tv è stata la mia fortuna e, a differenza di tanti altri colleghi, è stato un punto di partenza non di arrivo. Sono infatti diventato professionista proprio per essere stato scelto in un programma tv, ovvero a RICOMINCIO DA DUE nel Novanta dopo essere stato a STASERA MI BUTTO. Insomma grazie alla tv e alla forza che specie allora ti dava questo mezzo ho deciso cosa fare". Parola di Neri Marcorè attore, doppiatore, imitatore, conduttore tv e radiofonico cinquantaseienne. Da allora è cambiato qualcosa? "A distanza di anni confesso che la tv non è più il mio brodo anche se continuo a farla, conduco su Rai Cinque ART NIGHT, programma di nicchia, un po' il cugino di PER UN PUGNO DI LIBRI". Perché tanti programmi culturali? "Non mi piacciono i programmi che non sanno di niente - spiega - e per questo ho fatto sempre cose culturali, ma ho partecipato anche a tanti programmi comici come L'OTTAVO NANO o PIPPO CHENNEDY SHOW. Ed è proprio quest'ultima tv che mi ha regalato la popolarità". E poi ci sono le serie? "Questo è un discorso diverso. Ne ho fatte tante come TUTTI PAZZI PER AMORE, QUESTO NOSTRO AMORE e PAPA LUCIANI, serie tv che fanno numeri in genere molto più importanti dello stesso cinema". Come è nata la presenza in QUANDO, ultimo film di Walter Veltroni? "È tratto dal suo romanzo omonimo che avevo letto in barca durante una traversata atlantica. Appena a terra ho chiamato Veltroni dicendogli che mi era piaciuto molto e che ci si poteva fare un film. E lui mi ha subito detto che lo stava già facendo e mi avrebbe coinvolto. In QUANDO sono Giovanni, un uomo di sinistra che si risveglia dopo 31 anni di coma dopo essere stato colpito in testa durante i funerali di Berlinguer. Ho dovuto interpretare un uomo con più di cinquant'anni che intellettivamente ne aveva diciotto. L'Italia è cambiata tantissimo dal 1984 al 2015 per cui la sfida era confrontarsi con questo mondo in continua evoluzione senza far sentire il peso della nostalgia. Quando si sveglia, è ovvio, trova un mondo completamente diverso, però, ci tengo a dirlo, non è un film nostalgico, ma casomai sulla speranza, sulla modernità". Che rapporto ha avuto con la politica? "Anche con mio padre si parlava di Berlinguer, ma in provincia è arrivato tutto in modo più leggero. Nel bene e nel male non abbiamo sentito minimamente gli anni di piombo. A quell'epoca poi erano tutti dei giganti, c'erano Berlinguer, c'era Moro, c'era insomma una classe politica con cui potevi non andare d'accordo, ma non mettevi mai in discussione in quanto a preparazione". È vero che è passato alla regia? "Sì é vero, ho fatto la mia prima regia di un film che uscirà in autunno. Si chiama ZAMORA ed è tratto dal romanzo omonimo di Roberto Perrone ambientato negli anni 60 a Milano. È la storia del trentenne Walter Vismara (Alberto Paradossi), un ragioniere che ama condurre una vita senza sorprese e che lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Da un giorno all'altro la fabbrica chiude e si ritrova catapultato in un'azienda avveniristica di Milano, al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto". Nel frattempo Neri Marcorè, che ha mille risorse, è a teatro dove torna a confrontarsi con Fabrizio De André in un nuovo spettacolo di teatro canzone che fa rivivere sul palcoscenico "La buona novella", album pubblicato dall'autore nel 1969. Poi dal 24 al 29 aprile sarà al fianco di Giancarlo Giannini nella giuria del Montecarlo film festival, con Richard Anconina e Nathalie Poza. A settembre riceverà il premio Comunicazione della edizione del Festival della comunicazione di Camogli (7-10 settembre) dove porterà in scena il suo spettacolo "Gaber: monologhi e canzoni". (ANSA).