Ambiente

Oggi è la Giornata mondiale della terra. Ma noi, cosa possiamo fare davvero?

La manifestazione internazionale per la sostenibilità aziendale e la salvaguardia del nostro pianeta. Dalle emissioni all’alimentazione, sono tante le mosse possibili


Carlo Bridi


TRENTO. Si celebra oggi, 22 aprile, da parte di oltre un miliardo di persone sparse in oltre 180 Paesi, l’«Earth Day», la Giornata Mondiale della Terra, manifestazione internazionale per la sostenibilità ambientale e la salvaguardia del nostro pianeta.

La sua istituzione il 22 aprile del 1970 da parte delle Nazioni Unite: è andata via via espandendosi in oltre 180 paesi di tutto il mondo.

Il tema di quest’anno è «Invest in our planet» ed ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione della pubblica opinione sui gravi problemi che assillano il nostro pianeta, «gravemente malato e sull’orlo di un baratro» come ha dichiarato il segretario Generale delle Nazioni Unite Gutierres.

I dati dell’ultimo rapporto del Gruppo di scienziati dell’Onu, che studiano il fenomeno delle modificazioni climatiche, oltre 300 provenienti da tutti i più importanti paesi del mondo, (l’Ipcc), sono chiari: se non faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per abbattere le emissioni di almeno il 43% entro il 2030 rispetto al 2010, come indicato dall’accordo di Parigi del 2015 sarà impossibile mantenere la temperatura media globale entro +1,5 gradi e raggiungere le emissioni zero entro il 2050.

Dal 1990 al 2019 le emissioni sono aumentate del 54% per colpa dei paesi ricchi.

Questo dato da solo ci dice quale sperequazione esista, fra le famiglie più ricche e quelle più povere. Quelle più ricche sono appena il 10% e contribuiscono con il 40% delle emissioni globali di gas serra. Ciò mentre i danni maggiori conseguenti all’impazzimento del clima vanno a colpire proprio i più poveri che superano il 40% del totale e contribuiscono con solo il 9% delle emissioni. 

Fra le conseguenze negative delle modificazioni climatiche va annoverata anche la perdita di biodiversità, le specie di piante, animali, anfibi insetti sta riducendosi con un ritmo impressionante, oltre 70 specie al giorno ci ricordano le Nazioni Unite, mentre la biodiversità è una ricchezza.

Ma allora tutto è perduto? No, secondo gli scienziati dell’Onu, abbiamo i mezzi per frenare il cambiamento climatico più che in passato. In tutti i comparti strategici: da quello energetico con il carbone che sta tornando di moda con la crisi energetica, a quello dei trasporti, a quello dell’industria oggi sono disponibili opzioni che possono almeno dimezzare le emissioni dei gas tossici entro il 2030. 

E noi cosa possiamo fare?

È indispensabile un forte cambiamento culturale per arrivare a cambiare stili di vita, nelle nostre scelte di vita quotidiana, ognuno di noi può fare la differenza. Guardiamo ad esempio agli sprechi alimentari, tema che ci vede impegnati da anni nella nostra azione di sensibilizzazione nelle scuole e attraverso i mass media perché da soli contribuiscono con il 40% del totale delle emissioni di Co2.

Ma anche gli sprechi energetici hanno una forte incidenza sulle emissioni, anche in questo caso molto dipende dalle nostre azioni virtuose. Ad esempio lasciare gli apparecchi elettronici con la lucetta accesa, comporta un consumo del 15% del totale.,

Per non parlare degli sprechi dell’acqua, bene sempre più prezioso, ma anche usando meno la macchina, specie in città e andando di più a piedi e in bicicletta, fa bene alla salute, all’ambiente ma anche al portafoglio.

L’efficienza energetica delle abitazioni e degli elettrodomestici è un altro aspetto importante per ridurre i consumi. Ma anche una dieta alimentare più equilibrata con maggiore consumo di prodotti vegetali e e un minor consumo di carne è importante.

Non dimentichiamo che una riduzione delle emissioni porta anche ad un miglioramento della nostra salute.

Ma in questo momento è difficile parlare ad esempio di decarbonizzazione in quanto il pazzo aumento dei costi delle materie prime ha ridato forza a chi non vuole abbandonare il carbone in un momento in cui ci avviciniamo ad un’economia di guerra.

Ma deve essere chiaro che aldilà dell’emergenza pandemia che speriamo si vada ridimensionando, e dell’emergenza guerra, il problema dell’emergenza clima rimane prioritario.













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