Lombardini: «Serve maggiore unità»

Il monito al suo successore: «Basta discorsi autoreferenziali, dobbiamo pensare alle esigenze dei nostri iscritti»


di Daniele Peretti


TRENTO. Loris Lombardini, romagnolo di Sant'Aracangelo di Romagna, passionario come solo la sua terra sa essere, arriva a Trento nel '68 per laurearsi in sociologia, sposarsi e fare la rivoluzione: “Per fortuna che ci siamo fermati, se no chissà cosa succedeva.” Imprenditore nel campo della pubblicità, da dieci anni è presidente della Confesercenti.

A breve lascerà il mandato. Perché?

Sono stato tra uno dei firmatari del Patto di Solidarietà che prevede il passaggio al compimento dei 60 anni, il nostro statuto ha limite dei due mandati e quindi avanti un altro.

Detta così sembra il compimento di un atto burocratico.

No, sono anche stanco e penso che dopo aver segnato la via, tocchi ai giovani proseguire sulla linea con una nuova squadra, ma anche idee nuove.

Poteva restare?

Me lo hanno chiesto, la possibilità di una deroga c'era, ma ho preferito lasciare la carica. Questo non vuol dire che il mio impegno venga meno e che lasci la categoria.

Dieci anni e due governatori. Un giudizio sul loro operato nei confronti della categoria?

Dellai in tre mandati non è riuscito a capire, anzi l'ha proprio trascurata la piccola e media impresa, che costituisce un'ossatura dimenticata della nostra economia. Ha promosso politiche provinciali a favore dell'industria e della salvaguardia dei posti di lavoro che miravano ad evitare una riduzione del Pil provinciale: tutte aspettative disattese.

Mentre Rossi?

Troppo criticato, perché ha dovuto affrontare una crisi senza precedenti che ha creato situazioni per le quali la politica non aveva nemmeno l'idea di come intervenire. Temi non politici, come la questione dei vitalizi, lo hanno distratto dalla realtà, ma adesso deve dimostrare di avere un'anima e deve dare di più.

Dei loro slogan elettorali, se ne ricorda uno?

Quello di Rossi che diceva “Meno sogni e più pragmatismo”. Errore, perché senza sogni non si va da nessuna parte. Poi non mi piace l'atteggiamento della sua forza politica che pensa solo ad occupare tutti gli spazi.

Il Trentino è ancora un'isola felice?

Diciamo che era una provincia baciata dal sole, sulla quale adesso si addensano nubi minacciose. Ci sono degli imprenditori che non riescono a pagare Equitalia e l'Inps dei dipendenti. Ci sono chiusure in serie di negozi. Anziani che vanno a cercare cibo nelle immondizie. Il Punto d'incontro aiuta sempre più persone e la politica non risponde, anzi non vede.

Quindi non la vedremo prossimo candidato?

Alla mia età è meglio osservare e consigliare. Poi la politica fa parte di me e la faccio lo stesso tutti i giorni.

La vostra categoria dovrebbe trovare un modo per farsi ascoltare.

Qui ci vuole l'umiltà di fare autocritica. Siamo parte sindacato e parte associazione datoriale che però rappresenta solo il 30% di tutta la categoria. Facciamo parte di quella classe intermedia che è attaccata tutti i giorni, anche dallo stesso presidente del consiglio, ma senza unità è difficile andare a prendere per le orecchie la politica.

Un pensiero per il nuovo presidente?

L'ho scritto nella nostra rivista: “Va cercato un nuovo modo di fare sindacato”. Occorre modificare l'agire consolidato da anni, occorre saper interpretare le principali esigenze dei nostri iscritti e smettere di evocare in continuazione discorsi autoreferenziali e lagnanze tanto scontate quanto improduttive.













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