Export, alle imprese non piace fare rete

Nel 2013 il settore ha raggiunto quota 3,2 miliardi di euro, con un aumento dell'1,1%, poco oltre il periodo pre-crisi


di Roberto Colletti


TRENTO. Lo scorso anno, dati diffusi ieri, l'export trentino si è attestato su 3,2 miliardi di euro con un aumento dell'1,1%, poco più del valore assoluto raggiunto nel 2007, anno pre crisi. Ha recuperato ciò che aveva perduto. É una cosa buona, ma non abbastanza per sedersi su inesistenti allori, soprattutto considerando il fatto che buona parte di quel flusso è assicurato da poche multinazionali che oggi ci sono, domani chissà: Whirlpool insegni. Tema ben presente a Raffaele Farella, dirigente provinciale per la promozione e l'internazionalizzazione.

«Il quadro non è semplice: pochi grandi esportatori, una pattuglia di aziende competitive e poi la moltitudine di imprese di piccole dimensioni. Le prime due categorie fanno da sé, mentre la terza, quella al centro della nostra attenzione, il più delle volte, esaurito il mercato interno, si avvicina all'export come ad un'ultima spiaggia. É un approccio che predispone a forti delusioni» avverte Farella «perciò ci preoccupiamo di informare ed offrire servizi per ridurre gli esiti negativi. Ma l'obiettivo generale, naturalmente, è far crescere l'export consigliando soluzioni per acquisire la competitività indispensabile per affacciarsi su qualsiasi mercato, nazionale o estero: costruire filiere di prodotto, anzitutto, mettersi in rete per condividere un progetto ed i suoi costi. Una soluzione, purtroppo, sinora poco praticata.»

L'azione di consulenza ed assistenza da un anno a questa parte è affidata a Trentino Sviluppo che nella Divisione internazionalizzazione, ove collaborano Mauro Casotto ed il referente della Camera di commercio Graziano Molon, concentra le attività prima sparse tra i propri sportelli e Trentino Sprint. Servizi che stanno integrandosi con l'obiettivo finale di offrire agli imprenditori un unico interlocutore cui rivolgersi per informazioni, assistenza ed erogazione dei contributi.

Nel corso del 2013 sono state organizzate due fiere (Stone Expo negli Usa, Marmomacc a Verona), fornita assistenza a 290 aziende, organizzati contatti con la Germania per 90 imprese, con il Brasile per 63, con la Svizzera per 61 e con la Cina per 59 imprenditori. Quanto ai settori più interessati, spiccano l'agroalimentare e l'edilizia, seguiti da Ict e lapideo. Il lavoro, insomma, non manca. Tuttavia l'imprenditore, pronto ad informarsi su contributi e seguire country presentation, stenta a trasformare l'interesse in alleanze ed investimenti.

«É la disponibilità a creare filiere tra gruppi d'imprese che manca» conferma Casotto. «Inoltre c'è timore ad investire in personale qualificato che conosca le lingue. Un esempio: siamo pronti a fornire un export manager a chi voglia affrontare il mercato estero coprendo l'80% del costo. Unica condizione, che l'azienda destini una persona del suo organico al progetto, in modo da avere un referente preciso. Bene, 20 imprese si sono dette interessate, 12 hanno fatto richiesta, una sola, forse due, sono passate ai fatti.» Come dire che l'offerta di consulenza e servizi non manca, è la cultura d'impresa che deve crescere.

«Fatte le debite eccezioni, è così» conferma Farella «il nostro compito è organizzare la domanda ed offrire strumenti di formazione qualificati, oltre che di consulenza ed assistenza. É un lavoro che richiede tempo e che conta anche sull'impegno delle associazioni imprenditoriali per garantire un'informazione capillare. Su un altro versante, cerchiamo di attrarre in Trentino non multinazionali, bensì quelle imprese che, leader in un settore, riescano a far crescere attorno a sé una rete di aziende collegate.» Un lavoro di inseminazione, anch'esso a lunga scadenza. Per accrescere la competitività del sistema, del resto, non ci sono scorciatoie: è la cultura d'impresa il primo fattore di successo. Sintetizza Casotto: «L'ente pubblico dà il suo aiuto, ma far crescere l'azienda è compito dell'imprenditore.»













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