Cimice asiatica, via libera all’uso della vespa samurai 

Agricoltura. Il flagello dei campi (che ha fatto perdere fino al 30% del raccolto) potrà essere combattuto con l’uso del parassita antagonista. Ma sarà una guerra lunga almeno tre anni



Trento. Buone notizie sul fronte della difesa delle colture dalla temibile cimiche asiatica. È di ieri la notizia che la Conferenza Stato-Regioni ha dato nei giorni scorsi il parere positivo ai decreti sull’impiego dell’antagonista naturale della cimice: la vespa samurai. La Fem ne prevede il rilascio a giugno, ma intanto nei laboratori di San Michele si prosegue l’allevamento delle cimici - 12 mila esemplari raccolti - per ottenere uova sufficienti sulle quali moltiplicare il parassitoide.

I lanci - spiega Fem - inizieranno durante l'estate, ma il percorso per il contenimento sarà lungo e ci vorranno, come minimo, tre anni per iniziare a ristabilire l'equilibrio ecologico nei frutteti.

Lo scorso anno, già alcune aziende collocate sull'asta dell'Adige, hanno conosciuto la potenziale dannosità della cimice, registrando perdite o deprezzamento di prodotto che superavano il 30%. Secondo i modelli di espansione messi a punto dalla Fem si prevede un allargamento delle aree soggette a forte infestazione, che si estenderanno molto probabilmente alla Valsugana e alla bassa Val di Non.

Ottenuta l’autorizzazione, la vespa samurai sarà rilasciata in campo a partire da giugno.

Le procedure di rilascio comprendono: la scelta dei siti, le loro caratteristiche ecologiche e la loro numerosità, la tempistica e i quantitativi di parassitoide da rilasciare per ciascun sito, le modalità di valutazione dell'efficacia di insediamento e degli eventuali effetti negativi.

L’operazione richiederà tempo (non ci si aspetta il contenimento dei danni nei primi tre anni) e costanza: sarà infatti necessario ripetere i rilasci 2-3 volte all'anno per almeno tre anni. L'obiettivo è quello di far insediare il parassitoide negli ambienti naturali, boschi, siepi, aree non coltivate, laddove ci sono piante ospiti per la cimice che ne consentono la riproduzione e da dove la cimice può migrare massicciamente nelle colture agricole. Non è quindi una operazione di lotta diretta alla popolazione di cimice insediata nel frutteto, ma un intervento indiretto di controllo della popolazione nell’ambiente che solo successivamente si concretizzerà in una riduzione della pressione di infestazione verso la coltura e di conseguenza nella riduzione, se non addirittura l'eliminazione, dei trattamenti chimici per questo fitofago.













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