energia e ambiente

Caro-bollette: in Trentino l’idroelettrico è (per ora) una garanzia, ma l’acqua cala e sta diventando sempre meno “azzurra”

Tommaso Bonazza del Comitato per la difesa delle acque del Trentino avvisa: “La manutenzione straordinaria degli svasi rende l’acqua torbida e le forti precipitazioni riempiono i corsi d’acqua di detriti molto costosi da ripulire. Intanto la nostra richiesta di fermare i nuovi prelievi d’acqua sul Noce è inascoltata dalla Provincia”


di Fabio Peterlongo


TRENTO. Incombono i rincari autunnali delle tariffe di luce e gas: gli aumenti stimati nell’ultimo trimestre 2021 sono nell’ordine del 40%, per una media di 250 euro in più a famiglia. Ne ha parlato il ministro alla transizione ecologica Roberto Cingolani, che ha imputato la stangata al rincaro internazionale del prezzo del gas.

Uno degli elementi che concorre al caro-bollette arriva da lontano: addirittura dal Brasile, dove da mesi si sta assistendo al tracollo della produzione di energia idroelettrica, al punto che si è reso necessario l’acquisto di enormi quantità di gas naturale per sopperire alle richieste energetiche della popolazione. Lo rende noto l’Ispi (Istituto studi di politica internazionale): a causa della perdurante siccità, i bacini idroelettrici brasiliani si sono svuotati del 30% e la disponibilità d’acqua è ormai talmente scarsa che Brasilia è a un bivio, se utilizzare l’acqua per produrre energia salvando l’idroelettrico o se irrigare i campi salvando l’agricoltura. In questo scenario, il ministro Cingolani ha riaperto il dibattito sull’opportunità di puntare sull’energia nucleare.

In Trentino, il problema sembra non porsi: abbiamo raggiunto la piena sostenibilità energetica grazie alla produzione idroelettrica locale. Secondo i dati risalenti al report di Terna del 2018, a livello regionale la potenza elettrica da fonti idriche è di 9810,7 GWh, che rappresenta l’84% della produzione energetica totale, stimata in 11753 GWh. Per avere un termine di paragone, la Lombardia produce circa 10mila GWh da idroelettrico e ben 33mila GWh da fonti termiche tradizionali. Insomma, l’idroelettrico trentino è percepito come l’assicurazione sul futuro in merito alle esigenze energetiche del territorio.

Ma pesano numerose incognite, in primis i cambiamenti climatici, come dimostra il caso brasiliano. Nei prossimi anni e decenni i climatologi si aspettano un drastico calo della disponibilità d’acqua nelle regioni delle Alpi meridionali, tra cui il Trentino. Temperature sempre più alte causano lo scioglimento dei ghiacciai, le precipitazioni si riducono sempre più e si concentrano sul territorio con eventi di portata torrenziale e dall’esito talvolta disastroso. Tutti questi elementi fanno pensare che sia opportuno non dare per scontato che l’attuale prosperità energetica del Trentino continui a tempo indeterminato.

Ne abbiamo parlato con Tommaso Bonazza, portavoce del Comitato permanente per la difesa delle acque del Trentino, che pur non avallando l’opzione nucleare, chiede alla politica di ripensare il modello energetico locale: «Autorevoli studi tendono a non considerare più l’idroelettrico come un’energia “verde”. Essa è rinnovabile fin tanto che continua il ciclo dell’acqua, ma andiamo verso un futuro nel quale ci sarà molta meno disponibilità di questa risorsa. La politica deve discuterne ed ascoltare l’allarme degli scienziati».

Dottor Bonazza, quale sarà l’impatto dei cambiamenti climatici sulla disponibilità di energia idroelettrica?
Oggi sulle Alpi si registra un innalzamento di due gradi centigradi nelle temperature rispetto all’era pre-industriale, un’enormità, già ora superiore all'innalzamento massimo di temperatura media globale di 1,5°C individuato negli Accordi di Parigi. Il problema è comune a tutto il versante meridionale delle Alpi, dal Piemonte alla Slovenia. Tra gli esiti di questo incremento di temperatura vi è lo scioglimento dei ghiacciai e le lunghe siccità intervallate da precipitazioni di carattere torrenziale. Inoltre, meno acqua c’è, meno efficiente è il sistema di approvvigionamento e di produzione di energia idroelettrica.

Dunque, meno acqua significa meno energia. E per quanto riguarda gli eventi meteo disastrosi, quali possono essere le conseguenze per il settore?
Non dovrebbero esserci motivi per dubitare dell’integrità delle strutture e delle dighe, che in Trentino sono soggette ad un costante monitoraggio. Notiamo però un problema legato ad alcune operazioni di manutenzione straordinaria tra cui i cosiddetti “svasi”: si libera parte dell’acqua imprigionata nei bacini per procedere alla rimozione del sedimento depositato a monte della diga. Questa manovra porta spesso ad un innaturale intorbidimento delle acque, una vera e propria alterazione dell’equilibrio fluviale. Esiste poi un ulteriore problema: le precipitazioni torrenziali che ormai si intensificano anche sul nostro territorio portano nei bacini una quantità immensa di detriti e sedimenti, che si accumulano a monte delle dighe. E tanti più sono i detriti accumulati, tanto minore è la capacità che la centrale idroelettrica ha di produrre energia. Sono necessari continui e costosissimi interventi di pulizia e manutenzione.

Di che natura sono questi detriti?
Sono sedimenti che mescolano materiale organico a materia inerte. Ma il dato significativo sottolineato nel 2016 dalla rivista dell’università di Oxford “BioScience” è che questi sedimenti organici che alloggiano sui fondali dei laghi artificiali, in un ambiente povero di ossigeno, sono soggetti ad un processo di fermentazione che causa l’emissione di una grande quantità di gas serra. Si stima che l’1,3% delle emissioni globali di gas serra, tra cui metano e anidride carbonica, sia causato proprio da questo fenomeno. Il dato è impressionante, un ulteriore elemento per non considerare l’idroelettrico come totalmente “sostenibile”. Se le acque dei bacini fossero lasciate libere di percorrere il loro alveo naturale, questi microorganismi sarebbero al contrario nutrimento per l’ecosistema del fiume.

Quali potrebbero essere, secondo lei, le soluzioni?

Purtroppo la politica non sembra ascoltare la voce della scienza. Serve un ripensamento radicale e profondo del nostro rapporto con l’acqua ed una conseguente nuova stagione legislativa, a livello locale, nazionale ed europeo. L’ultima iniziativa del nostro comitato è stata il lancio di una petizione, che ha raccolto quasi 29 mila firme, per chiedere alla Provincia lo stop a nuovi prelievi d’acqua sul torrente Noce destinati all’approvvigionamento irriguo per l’agricoltura intensiva della Val di Non. Eppure sembra che le nostre istanze vengano ignorate o contrastate dall’attuale giunta provinciale. Ampie fasce della popolazione locale sono preoccupate per l’integrità dell’ecosistema fluviale del Noce, ma questo non sembra venir preso in considerazione. In data 26 agosto abbiamo richiesto ufficialmente un incontro con il presidente Fugatti e la sua giunta. Restiamo ancora in attesa di una risposta.













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