IL CASO

Biodistretto, gli agricoltori bocciano il referendum: “Rischia di creare uno scontro fra cittadini e contadini”

Le associazioni professionali: “A noi addossate solo responsabilità. Mancato il giusto coinvolgimento sia dei rappresentanti del settore agricolo, sia degli altri settori economici”. La replica dei promotori: "Da voi nessuna apertura al dialogo"


di Carlo Bridi


TRENTO. La posizione delle organizzazioni professionali agricole in merito al referendum sul biodistretto è di un netto no per la quella che viene definita una strumentalizzazione dei dati che danno un’immagine non reale dell’agricoltura trentina, per la carenza di informazioni e per il mancato reale coinvolgimento dei produttori. La Coldiretti Trento, per bocca del suo presidente Gianluca Barbacovi, afferma: “Non possiamo non manifestare il nostro disappunto rispetto all’approccio adottato per promuovere il referendum del 26 settembre. Siamo convinti che sia mancato il giusto coinvolgimento sia dei rappresentanti del settore agricolo, sia degli altri settori economici, come ad esempio quello turistico e sociale, poiché il tema della sostenibilità è innanzitutto un tema culturale.” Ed ancora: E’ necessario creare consapevolezza nel tessuto sociale e nelle comunità, e per fare questo è doveroso dare una corretta informazione ai cittadini”.

“Quando abbiamo incontrato il comitato abbiamo sempre sentito parlare solo di impegni che avrebbero dovuto assumere gli agricoltori”, afferma Diego Coller presidente Confagricoltura del Trentino. Dal canto suo questa la posizione del presidente della Confederazione Italiana Agricoltori del Trentino (CIA), Paolo Calovi, noi afferma: “Abbiamo una forte preoccupazione per la pesante frattura che il referendum rischia di creare con l’avvio di uno scontro tra cittadini e agricoltori”. Il mancato serio coinvolgimento dei produttori e delle loro organizzazioni nella fase di impostazione del referendum è secondo Calovi è il peccato originale perché si è impostato tutto senza il coinvolgimento degli agricoltori.

Ma cosa replica il comitato promotore del referendum? Fabio Giuliani, che ne è presidente, afferma: "In due occasioni abbiamo incontrato i rappresentanti delle organizzazioni professionali, durante la raccolta delle firme e poi in un’altra occasione tutti assieme. Ebbene in queste occasioni non abbiamo trovato aperture al dialogo. Quindi siamo in una situazione di muro contro muro". La Confagricoltura Trentina è per il no, mentre la CIA per bocca della sua vice presidente Mara Baldo, che fra l’altro è una produttrice biologica da 30 anni, è per lasciare liberi i propri soci se votare sì o no sul referendum o astenersi dal voto.

Sentendo le varie campane però si registra una posizione di contrapposizione su un tema così cruciale non solo per gli agricoltori ma per tutta la cittadinanza. Infatti il referendum va ad affrontare il tema di quale sarà il modello non solo di agricoltura per il futuro ma di un modello di sviluppo sostenibile in tutti i settori. Ma purtroppo, afferma ancora Coller, “i promotori non hanno mai evidenziato qual è il vero fattore limitante dell’agricoltura biologica. Negli ultimi anni l’incremento di produzione da agricoltura biologica è stato superiore ai consumi e i prezzi al produttore sono crollati e non coprono i maggiori costi di produzione. Nemmeno tutti i firmatari del referendum - rincara Coller - consumano prodotti biologici".

La situazione è diversa secondo Fabio Giuliani, presidente del comitato promotore, in quanto la recente indagine dimostrerebbe un forte interesse degli intervistati ai prodotti biologici. E prosegue: "Non è vero che se vincerà il sì al referendum tutti i territori agricoli trentini si debbano trasformare in biologici, si tratta di avviare un percorso che punta al 50% della produzione agricola e zootecnica prodotta con il metodo biologico nell’arco di un decennio, a fronte del 25% indicato dall’Unione europea con il Programma Farm to Fork. Siamo coscienti che i tempi saranno lunghi", precisa il presidente del comitato.

Se vincerà il sì si dovrà fare una nuova legge per la sua applicazione, che preveda fra l’altro la costituzione di un tavolo permanente fra tutte le componenti interessate con le quali costruire il progetto.

A questo punto c’è da chiedersi, come fa Coller, se non era meglio usare i soldi necessari per organizzare il referendum per fare promozione dei prodotti biologici e mettersi seriamente tutti intorno al tavolo, senza bisogno che lo imponga la legge.













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