Dillo al Trentino

Le Rsa e le regole Covid: «Basta rigidità, ora con i nostri anziani serve usare il buonsenso»

La segnalazione: «Troppi dirigenti rigidi, i nostri parenti hanno bisogno di tutto il nostro affetto». Avete una segnalazione? Mandate una mail a dilloaltrentino@giornaletrentino.it

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TRENTO. In questa nuova fase di “convivenza” con il Covid dove è giusto che ci siano ancora regole ferree e dove invece ci dovrebbe essere un maggiore buonsenso? Qual è il confine da non oltrepassare?

Domande di non semplice risposta, perché da una parte i contagi non si sono azzerati e nonostante l’ampia fetta di popolazione vaccinata il rischio di una recrudescenza è sempre dietro l’angolo.

Francesca ha mandato una mail a dilloaltrentino@giornaletrentino.it per fare una profonda riflessione legata alla situazione delle case di riposo trentine, e ai loro rigidi regolamenti.

Ecco cosa scrive Francesca. «Le nuove ordinanze prevedono per Rsa e ospedali l'obbligo di green pass fino al 31 dicembre, questo significa che chi non ha il green pass non potrà vedere la propria madre o il proprio padre per tutto l'anno. 

La Provincia ha emesso un invito ad un'apertura, nei giardini esterni ci si può incontrare ma in alcune Rsa non si ammettono deroghe, così è scritta la legge e così si fa.

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Non posso fare a meno di chiedermi da dove arriva un simile rigore, una simile mancanza di umanità.

Nei tempi peggiori della pandemia erano state allestite stanze dove si potevano vedere i propri cari, al riparo da tende di plastica o simili, ora che tutto sembra migliorato le condizioni per le visite peggiorano di giorno in giorno, si chiede ora di informare il personale se si porta a passeggio il proprio caro fuori dal reparto “per interventi in caso di bisogno” e di non toccarsi la mascherina inutilmente, vietato severamente consumare cibi e bevande e via discorrendo in un crescendo di divieti che mal si rapporta alla vita che scorre fuori.

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Certo, alcuni non hanno una buona salute ma una Rsa non è un ospedale, molti ospiti sono semplicemente non autosufficienti, stanno relativamente bene compatibilmente con gli acciacchi dell'età eppure le norme sono inflessibili.

Mi chiedo spesso cosa faccia di un dirigente un buon dirigente e credo sia il coraggio, l'assumersi qualche piccola responsabilità, il provare a mediare tra la formalità delle norme e un sano buon senso nell'applicarle, in fondo penso sia questo che chiediamo a chi amministra il bene pubblico e confidiamo nelle sue capacità di farlo.

In Trentino c'era una Rsa che era un eccellenza conosciuta in tutta Europa, il Nucleo Alzheimer un gioiello di competenza e umanità, operatrici preparate accoglievano con dolcezza questi poveri malati, ogni cosa dentro quelle stanze era costruita a misura della difficoltà che incontrano queste persone.

Quando mia madre è entrata ho sentito il senso di un nido accogliente dove finalmente non dovevo preoccuparmi di come veniva gestito il suo tempo.

Mi ricordo ancora il dirigente di allora, la sua apertura al dialogo, il Natale con gli ospiti chiamati per nome, il panettone mangiato assieme a loro, il senso profondo di umanità e di intelligenza rivelato in ogni dettaglio della struttura.

Io credo che i dirigenti illuminati che realizzano questi piccoli “capolavori” della sanità andrebbero premiati, cercati per aggiungere con la loro competenza le migliorie che non ho visto in altri luoghi per anziani, essere loro grati per il coraggio che hanno avuto anche andando contro corrente di realizzare luoghi diversi, dove è possibile trovare un aiuto per affrontare la tragedia della malattia di Alzheimer, al di là dell'applicazione rigida delle regole.

Invece quel dirigente viene frettolosamente “pensionato” e le cose cominciano a cambiare, a partire dal messaggio in segreteria che è diventato in inglese: si sa che fa “effetto nuovo”, per la mia generazione che non ha studiato inglese fa effetto “strano”... Proveremo ad adeguarci aspettando qualcuno che sappia raccogliere un eredità importante.

Grazie Renzo, grazie con tutto il cuore», conclude Francesca.

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