Undicimila migranti di piume 

Scienza e ambiente. Il team della Sezione di Zoologia dei Vertebrati del Muse ha concluso la campagna di inanellamento a Bocca Caset In Val di Ledro quasi tre mesi di attività tra vecchie conoscenze e nuovi passaggi. Pedrini «Tocchiamo con mano gli effetti del clima che cambia»


Mauro Fattor


Bolzano. Oltre 80 giorni di impegno continuativo (7 giorni su 7 e, per quasi l’intero periodo, 24 ore su 24), che hanno permesso di inanellare circa 11.000 uccelli, appartenenti a 62 diverse specie, secondo una tecnica di “marcatura” ormai consolidata, che permette agli studiosi di ricostruire le rotte e studiare l’ecologia dei migratori durante i loro spostamenti. Una lunga attività di campo che, da agosto a ottobre, ha visto il gruppo di lavoro coordinato dalla Sezione di Zoologia dei Vertebrati del Muse, per la precisione da Paolo Pedrini, trasferirsi nella Zona Speciale di Conservazione di Bocca Caset, in Valle di Ledro, per il monitoraggio della migrazione postriproduttiva degli uccelli. Sorge infatti tra queste montagne, nel cuore della Riserva di Biosfera Unesco Alpi Ledrensi e Judicaria, una delle due stazioni di inanellamento a scopo scientifico gestite dal museo nell’ambito del Progetto Alpi, che dal 1997 studia l’ecologia della migrazione, coordinando con il Centro Italiano di Inanellamento dell’Ispra l’attività delle tante stazioni distribuite in tutto l’arco alpino. Un’annata caratterizzata da un gran numero di lucherini, che da soli hanno contribuito a più della metà delle catture, mascherando un autunno altrimenti segnato da un transito limitato di altre specie, quali peppole, fringuelli, tordi e merli, che in questo 2020 hanno registrato cifre molto contenute. L’irruzione di questa specie di uccelli resta comunque un fenomeno riconducibile alla sua fenologia migratoria, caratterizzata da periodiche ondate migratorie. Meno numerosi anche i consueti migratori come pettirossi, fringuelli, balie nere (migratore precoce, che trascorre l’inverno a sud del Sahara) e regoli. L’arrivo dei migratori gregari porta con sé anche diverse ricatture italiane e straniere di lucherini (Spagna, Estonia, Slovenia, Lituania, Bielorussia, Russia), a cui si aggiungono un regolo e una peppola con anelli norvegese e svizzero. Significativa anche la comunicazione di una passera scopaiola inanellata a Caset nell’ottobre 2016 e ricatturata nel settembre di quest’anno in Lituania. Provenienze che confermano l’origine geografica dei migratori che passano per Bocca Caset, lungo quella che gli studiosi chiamano “rotta italo-ispanica”. Ad interrompere la quotidianità del lavoro è giunta anche qualche cattura più inaspettata: vecchie conoscenze della Stazione, come la civetta capogrosso inanellata nel 2012 o lo sparviere del 2015, e rare catture di alcune specie come il pettazzurro e l’usignolo, o quella del gufo di palude, primo esemplare per la quasi trentennale storia della stazione. «Un incontro - conferma lo staff della Sezione Zoologia dei Vertebrati del Muse - che si è guadagnato un posto speciale nella storia della stazione. Uccello tipico delle brughiere e paludi del nord Europa, con l'arrivo dell'autunno è solito spostarsi verso le sue aree centromeridionali, talvolta spingendosi anche oltre il Sahara». Una stagione 2020 che, nonostante le misure di sicurezza introdotte, ha fatto il pieno anche di visitatori. «In una stagione comunque segnata dalle restrizioni imposte dalla pandemia di Coronavirus, le persone che nei mesi di attività hanno raggiunto la stazione sono state numerosissime: adulti e bambini, escursionisti curiosi e di passaggio, abitanti della valle. Bocca Caset si conferma comunque davvero un punto privilegiato per studiare le migrazioni». Per capire meglio il lavoro che si sta facendo a Bocca Caset, bisogna però allargare lo sguardo. Ne abbiamo parlato con Paolo Pedrini.

Quali sono stati i più importanti risultati in questi 20 anni e perché il Trentino è un territorio importante per la migrazione?

Vent’anni sono, per qualsiasi progetto un traguardo importante; si tratta di un lungo impegno che ha coinvolto complessivamente 43 stazioni di inanellamento coordinate dal Centro Nazionale di Inanellamento dell’Ispra, e sparse nelle diverse regioni dell’arco alpino italiano; inizialmente impegnate a sondare in diversi ambienti lo svolgersi della migrazione. Dopo i primi tre anni sperimentali dal 2000 le stazioni che avevano partecipato hanno aderito ad un preciso protocollo finalizzato a raccogliere dati utili alla ricerca. È stato così possibile avviare un programma di monitoraggio standardizzato della migrazione postriproduttiva attraverso le Alpi italiane; questo al fine di raccogliere importanti dati utile anche a valutare lo stato di conservazione delle specie nidificanti nel centro e Nord Europa ed in transito sulle nel nostro territorio. Infatti oltre che a descrivere i tempi e luoghi dove la migrazione si svolge, come anche l’ecologia - le esigenze di vita dei migratori in transito e sosta attraverso le Alpi - il Progetto riveste grande valore scientifico perché inserito in una rete europea di inanellamento. Opportune analisi, permette di definire il trend delle abbondanze delle popolazioni in transito, e quindi raccogliere importanti informazioni sul loro stato di conservazione. Si tratta di un obiettivo richiesto anche dalla Direttiva comunitaria a difesa dell’avifauna nidificante in Continente. La rotta migratoria nelle Alpi italiane si svolge lungo le Prealpi e i versanti meridionali, e prosegue verso la Liguria, Francia, Isole Baleari, Spagna, e per chi va oltre lungo l’africa occidentale. In questa lungo rotta, il Trentino si trova in un complesso crocevia, riceve i migratori che ad alta quota entrano da Nord e quello più che da Nord est provengono dall’Austria e Slovenia, lungo le Prealpi del Trivento. Gli uccelli seguono le grandi foreste dove sostano e si alimentano,; quelli che percorrono il fondovalle, seguono corsi dei fiumi e sostano lungo le zone umide e le campagna, prati e aree cespugliate.

Dal vostro osservatorio, o meglio da quello del Progetto Alpi, quali sono le specie migratorie a rischio?

I dati hanno permesso di raccogliere importanti formazioni sull’origine delle specie in transito sulle Alpi, individuare quelle in declino a seguito dei cambiamenti ambienti in atto e quelle che per ragioni diverse sono in buon stato di conservazione. Dal confronto dei dati del progetto con quelli storici, emerge il quadro evidente delle specie di interesse conservazione, quelle più minacciate. Quelle in declino sono legate ai cambiamenti ambienti dei contesti agricoli, in declino appaiono ad esempio molti insettivori soprattutto se svernanti nei territorio africani, anche per effetto del più recente e globale cambiamento climatico. Sono in calo specie un tempo comuni, come la rondine e i balestrucci, ma anche specie degli ambienti agricoli come i piccoli passeriformi quali l’ortolano e altri zigoli dei prati, o come lo stiaccino, l’averla piccola un tempo molto più comuni. Ma il declino non riguarda solo le specie che svernano oltre i Sahara, ma anche alcune che svernano nel mediterraneo come l’allodola. Fra le specie in aumento risultano tordo bottaccio e merlo, forse favoriti dal loro adattamento agli ambienti agricoli anche intensivi. Al contrario in forte calo è il tordo sassello, è a scala continentale, segnalato fra le specie ad elevato grado d’attenzione e in forte declino. Quel che si sta osservando in questi anni, un progressivo ritardo del transito di alcune specie di migratori che svernano nel Mediterraneo e sulle Alpi; fra questi alcune specie comuni come il fringuello sembra ritardare il periodo di inizio del passo, dai fine di settembre a metà ottobre, per via di autunnali più miti e meno nevosi.

Dunque una conseguenza diretta del cambiamento climatico?

Verosimilmente sì. Diciamo che viste le temperature del Centro-Nord Europa negli ultimi anni, alcune specie se la stanno prendendo con calma.

Com’è la collaborazione con le provincie e le regioni vicine?

La collaborazione rientra tra gli obiettivi del progetto, che ha proprio nella partecipazione di diverse realtà scientifiche e amministrative il successo dell’iniziativa. Con il Centro Italiano di Inanellamento vi hanno partecipato oltre 100 inanellatori e inanellatrici e son stati ad oggi diverse centinaia i partecipanti a diverso titolo. Negli anni il numero di stazioni è diminuito a 14 con uno sforzo di campo che comunque va dai primi di agosto quando inizia la migrazione col transito dei migratori diretto in africa, fine a ottobre, alcune proseguono anche a novembre per intercettare i migratori tradivi quelli che sverneranno sulle Alpi. Il costante aggiornamento, la formazione di nuove leve e il coinvolgimento di istituzioni scientifiche anche per testare nuove modalità di rilevamento ed estendere i rilievi anche ad altri animali migratori, come i chirotteri o alcuni insetti, sono esempi di come questa attività possa essere un’interessante opportunità per il mondo scientifico, e non per ultimo quello formativo per le scolaresche e i molti visitatori che durante l’estate vi fanno visita.













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