“Nulla è per sempre”, 30 anni di foto rubate al grande Bob Dylan 

Musica. Il bolzanino Paolo Brillo pubblica un libro di scatti con l’editore “ufficiale” Mark Neeter «Ho iniziato nell ’89 e mi sono fermato con la fine del Neverending Tour, causa Covid, nel 2019» Il via libera del Menestrello all’operazione. «Smontavo la reflex e nascondevo i pezzi nei vestiti»


Fabio Zamboni


Bolzano. I fans di Bob Dylan sono unici, irrimediabilmente persi dietro una passionaccia che li porta a seguire interi tour anziché singoli concerti, ad acquistare qualsiasi bootleg a prescindere dalla qualità, abbonati a tutte le fanzine dedicate al Menestrello di Duluth, disposti a tutto pur di scattare una foto al loro idolo. Una sorta di culto, più che di semplice passione. Uno di loro vive a Bolzano, si chiama Paolo Brillo, e negli ultimi trent’anni ha assistito ad almeno settanta live del suo mito. Che non è un primato, e del resto lui non si considera un vero fanatico perché quelli, di concerti di Dylan, ne hanno visti almeno il doppio. Brillo, noto commercialista, il suo primato, il suo sogno dylaniano, lo ha realizzato in ben altro modo: in questi giorni è uscito per la inglese Redplanetbooks un prestigioso volume fotografico di grande formato, con 250 immagini tutte dedicate al cantautore americano diventato celebre negli anni Sessanta con “Blowin’g in the wind e “ Like a rolling stone”.

Il volume intitolato “Bob Dylan. No such thing as forever”, ovvero “Nulla è per sempre” raccoglie il meglio delle migliaia di scatti che il fotografo bolzanino ha “sparato” ai concerti del Neverending Tour, incominciato nel 1989 e fermato dal Covid alla fine del 2019. Trent’anni di immagini che l’insospettabile professionista bolzanino ha “rubato” negli show andati in scena in Italia ma anche in mezza Europa e negli Stati Uniti. Con vari scatti anche delle tre location della nostra regione che hanno ospitato Dylan: l’ippodromo di Merano nel 1992, il Palaonda di Bolzano nel 2003 e Le Albere di Trento nel 2008.

Un libro che ha del clamoroso proprio perché è stato partorito non da un fotografo accreditato, autorizzato e privilegiato nel muoversi sotto il palco: Brillo è riuscito a portare dentro i teatri e nelle arene fotocamere ingombranti e teleobiettivi, dribblando perquisizioni e catturando immagini come un prudentissimo birdwatcher a caccia di esemplari rari e inavvicinabili.

Ci mostra orgoglioso il volume nel suo studio di via Leonardo da Vinci a Bolzano, alle pareti una dozzina di foto in biancoenero dedicate ad altre sue “vittime”: Lou Reed, Patti Smith, Neil Young, Paolo Conte, Iggy Pop, Suzanne Vega. Facciamo allora un passo indietro.

Come nasce questo progetto e come nasce la passione per Dylan?

L’idea di fare il libro è nata sei anni or sono, con un editore italiano. Ci ha ricevuti a New York Jeff Rosen, avvocato e manager di Dylan. Lo stesso Bob in persona ha esaminato le foto, ne ha apprezzate molte e bocciate altre, noi ci siamo poi fermati davanti ai continui rinvii e all’idea di pubblicare in Italia, dove il mercato era fermo. Due anni fa mi ha contattato Derek Barker direttore della fanzine “Isis” dedicata Dylan e con la quale collaboro, e mi ha proposto di realizzare il volume con l’editore Mark Neeter che ha una distribuzione internazionale. La passione per Dylan è nata a 15/16 anni, e me l’ha trasmessa mio fratello. A me piace tutta la musica ma Dylan è diventato ed è rimasto il numero uno.

E la passione per la fotografia?

È nata assieme a quella per la musica. Nel 1978, a 17 anni, sono andato a Londra per la prima volta e mio padre mi ha prestato per l’occasione la sua mitica Voigtländer. Con quella ho incominciato a scattare ai concerti. Dylan è diventato il mio soggetto preferito nel 1984, all’Arena di Verona.

E come ha fatto a immortalarlo di nascosto per trent’anni?

Negli anni Ottanta portavo il mio borsone sfoderando addirittura il flash. Poi sono scattati i divieti, e per un giovane qual ero anche trasgredire è diventato un piacere, e fotografare una sfida che ho vinto quasi sempre.

Quasi?

Sì, nel senso che in alcune occasioni è stata dura. A Verona nell’84 ho smontato la macchina e mi sono infilato i vari pezzi sotto i vestiti, mutande comprese. E l’ho fatta franca. Sono diventato sempre più scaltro fino a quando ho avuto a che fare con la security a Berlino, dove mi hanno requisito la fotocamera ridandomela alla fine, e al concerto al vecchio aeroporto di Monaco nel ’95, dove la guardia del corpo di Dylan, il mitico hawaiiano Barron, mi riconobbe nelle prime file e mandò un sicario per sequestrarmi la macchina. Ma io riuscii a passarla di nascosto a mio fratello e a dimostrare che ero “pulito”…

Mai incontrato il grande Menestrello?

Mai. Anche perché probabilmente ammutolirei e non saprei cosa dirgli.

Un volume importante con un prezzo accessibile: 45 dollari, cioè 40 euro.

Il motivo è semplice quanto banale: l’editore aveva progettato un formato più piccolo e orizzontale, io mi sono opposto perché era incompatibile con le mie immagini e lui ha dovuto cedere quando ormai aveva già messo in prevendita su Amazon le prime copie a quel prezzo. Che non ha più potuto ritoccare…A dare rilievo a questa pubblicazione, anche il fatto che l’editore è Mark Neeter, uno che cura tutti i libri e la maggior parte delle fanzine dedicate a Dylan. E infatti le prime copie disponibili su Amazon sono andate subito esaurite. Il libro si può trovare su altre piattaforme online, e sul mio sito www.paolobrillo.eu (sezione Isis e Redplanet) ma è molto probabile che nei prossimi mesi sia disponibile anche nelle librerie Feltrinelli: “Mi ha contattato Carlo Feltrinelli. che è un grande appassionato del songwriter americano.

E adesso, non rischia una depressione post-parto? Stampato questo prezioso volume, che cosa fotograferà?

Beh, Dylan nel 2021 compirà ottant’anni ma io spero che continui a cantare a lungo come Willie Nelson e Tony Bennett. E comunque ho già in testa un altro progetto dedicato a varie rockstar. Ho già contattato lo stesso editore inglese e sto lavorando alla postproduzione di migliaia di immagini.













Scuola & Ricerca

In primo piano