La danza in sofferenza «Noi lasciati indietro: persi ormai due anni» 

La denuncia. Paolo Golser, Federazione Danza Trento, pone l’accento sulle tante difficoltà «Il problema fondamentale è l’inquadramento delle scuole, escluse dal decreto Franceschini La sopravvivenza di molte realtà è concretamente a rischio e anche il futuro di tanti talenti»


Katja Casagranda


Trento. Si va verso il secondo anno perso per le Scuole di Danza investite dalle norme di sicurezza sanitaria e lasciate in un limbo burocratico da cui si fatica a vedere la ripartenza. Due anni scolastici persi, con gli affitti da pagare e senza stipendio per i professionisti del settore da un lato, ma al contempo due anni persi anche per i giovani talenti. Dell’impasse in cui verte questo mondo parla Paolo Golser a nome di Federazione Danza Trento.

Qual è l’attuale situazione delle scuole di danza in Trentino?
La situazione è drammatica in quanto stiamo perdendo il secondo anno, infatti l’anno scolastico va da metà settembre a maggio e poi si prosegue con i saggi nei teatri. In vista non ci sono aperture e siamo fermi da marzo dello scorso anno. Se pure dopo febbraio aprissero sarebbe solo per alcuni mesi in cui sarà difficile rimettersi in linea. Si perdono professionalità, talenti e tutto ciò che è legato a questo mondo.

Eppure le scuole, intese come mondo scolastico, hanno ripreso l’attività in presenza...
Il problema è di inquadramento burocratico. Le scuole di danza sono inquadrate come ASD Associazione sportiva dilettantesca e quindi fanno riferimento al Coni. Ora con il decreto Franceschini rimangono escluse qualora non fossero associazioni o ditte individuali ma pure in quel caso non c’è stato un aiuto valido.

Quindi come si può fare a trovare una soluzione?
Abbiamo interpellato l’Assessorato alla Cultura con cui teniamo aperta una strada di dialogo per lo più unidirezionale, perché risposte non sono arrivate. Abbiamo avuto una riunione via Zoom in cui ci è stato detto che sarebbe stata trovata una soluzione con un sostegno che permetta a queste realtà di sopravvivere fino a quando non ci sia davvero una riapertura, ma poi non si è concretizzato nulla. Ogni proposta si scontra contro un muro legato alla natura giuridica delle nostre realtà, eppure nelle scuole di danza si fa cultura si coltiva talento, non si può essere comparati ad una palestra dove si fa sport.

C’è anche la necessità di un sostegno finanziario concreto?
Le scuole di danza sono realtà legate ad anni di esperienza di professionisti che oggi stanno iniziando a prendere in considerazione di ripiegare su altri lavori, ma come può un danzatore che ha sempre fatto questo, un insegnante, ad improvvisarsi una professionalità che non gli compete! Oltre alla sopravvivenza poi ci sono gli affitti che pesano. È pur vero che ci sono stati proprietari di immobili che hanno sospeso o sono venuti incontro alle scuole di danza, ma ora non possono non chiedere l’affitto e ci si ritrova nella disperazione. Le scuole rischiano di chiudere, comprese le scuole storiche dai nomi importanti e da cui sono usciti artisti che poi hanno danzato su palchi di prestigio.

Bisognerebbe trovare un escamotage per portare ad un cambiamento della situazione...
La Provincia sta sostenendo il mondo della cultura ma anche le scuole musicali per esempio, credo che dovrebbe preoccuparsi anche della danza. Chiudere le scuole di danza vuol dire non investire sulla cultura di domani. Noi come Trentino Danza abbiamo rinunciato al contributo per il Festival estivo del 2020 per esempio, quindi si potrebbe pensare di reinvestire nelle scuole. Pazienza rinunciare ad un festival per uno o due anni, ma sospendere la formazione vuol dire rinunciare ad una generazione di nuovi danzatori.

Eppure tanto si dice sull’importanza della formazione didattica nella danza, pensiamo ad esempio a Alessandra Celentano di “Amici di Maria de Filippi”: ci dovrebbe essere più sensibilizzazione?
Sì, poi in televisione si vede di tutto e di più con assembramenti e norme molto più elastiche, eppure noi come scuole ci siamo attrezzati, abbiamo investito in sicurezza fra gel, termoscanner, sacchetti personali per i cambi e tutto il resto per poi nemmeno riaprire eppure si sarebbe potuto riaprire in totale sicurezza. Abbiamo tentato con le lezioni a distanza ma non è fattibile perché dopo cinque ore allo schermo un ragazzo non può essere costretto a stare al pc e poi una cucina non è adatta alla danza. Ci vogliono spazi attrezzati ed adeguati e poi l’insegnante deve essere in presenza.

I ragazzi come vivono questa distanza?
Loro verrebbero subito, mi preoccupa di più il timore dei genitori nei confronti dei contagi. Tuttavia la danza ha un valore educativo completo per mente, corpo e spirito.

Potrebbe aiutare anche il sistema immunitario?
Tutto il movimento fa bene al corpo sia contro lo stress che aumentando le difese e poi la socialità ha una grande importanza per l’uomo, figuriamoci per i piccoli e i ragazzi. Se le istituzioni non sono sensibili a tutto questo allora non hanno davvero a cuore il benessere del popolo che rappresentano, in quanto credo che la sfida sia quella di trovare una strada e una soluzione e auguriamoci si trovi presto.













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