L’«itanglish» uccide la lingua italiana «Bisogna reagire»

Rovereto, Gabriele Valle oggi sarà alla Biblioteca Civica «Una volta i forestierismi erano l’eccezione, ora la regola»


di Maria Viveros


ROVERETO. L’ italiano sta perdendo la propria identità, soffocato da forestierismi? Amiamo così poco la lingua di Dante? Linguisti, intellettuali e scienziati invitano a correre ai ripari per fronteggiare, in particolare, l’ invadenza degli anglicismi. Una soluzione al problema viene offerta da “Italiano urgente” (Reverdito) di Gabriele Valle, che l’ autore, filosofo italo-peruviano, docente presso l’ Istituto Accademico per Interpreti e Traduttori di Trento, presenterà oggi 11 maggio alle 18 presso la Biblioteca Civica di Rovereto. Gli abbiamo posto delle domande.

In “Italiano Urgente” viene data veste italiana a più di cinquecento anglicismi sui circa novemila presenti nel dizionario Treccani. A quali ha dato la priorità?

«Il numero degli anglicismi contrasta con quello di altre lingue latine, più propense a metabolizzare le voci straniere. Ho scelto di tradurre cinquecento anglicismi dando la precedenza a quelli di alta frequenza d’uso. Spesso il corrispettivo italiano c’ è, ma è stato spazzato via dal parlante (calcolatore da computer, ad esempio); altre volte il corrispettivo non c’ è, ma è facile crearne uno. Il mio modello è stato lo spagnolo».

Che conseguenze porta l’ uso di forestierismi nella scrittura?

«Il forestierismo non adattato era un fenomeno marginale dell’ italiano; oggi imperversa ovunque. Finché l’anglicismo era scarso, era considerato un’ eccezione alle regole ortografiche. Ora che la parola inglese convive con quella italiana non si può più parlare di eccezione. Quando ci esprimiamo in itanglish, alcune parole si attengono all’ortografia, altre no. Stiamo distruggendo ciò che è essenziale in ogni sistema di scrittura alfabetica: la corrispondenza fra grafia e pronuncia. Se scrivessimo ciat, selfi, filme, saremmo avallati dalla storia millenaria dell’idioma».

Quali sono gli anglicismi più insopportabili?

«Non sarei indulgente con quelle voci che potrebbero arrecare confusione e, pertanto, disagio. È inconcepibile che il politico parli di Jobs Act, l’economista di spread, l’ autorità tributaria di voluntary disclosure, un certo ministero di whistle-blower, il giornalista di network. I maggiori responsabili di questo sfacelo sono coloro che, esprimendosi pubblicamente, influiscono sull’uso comune».

Se ogni lingua è, come un organismo, viva e mobile, le riserve sull’ uso di forestierismi non rischiano di impedirne il naturale sviluppo?

«L’itanglish sta occupando il posto una volta riservato all’italiano. Continuerà a crescere e a fortificarsi, ma a spese della lingua patrimoniale. Ciò che propongo io, in linea con altri difensori dell’italiano, è che il lessico tenga il ritmo di marcia della lingua dominante senza rinunciare alla propria indole. L’esotismo nuovo, se non è superfluo, va tradotto o adattato. Ecco la storia della lingua».

L’ uso di forestierismi: moda, necessità o manifestazione di un progressivo impoverimento culturale di una società?

«L’inglese è da noi percepito come un magico talismano che incanta ciò che tocca. Ma il fenomeno è complesso. La moltiplicazione dell’anglismo obbedisce a cause disparate: la pigrizia, la moda, lo spirito gregario, l’opportunismo commerciale, il bisogno di ostentazione e, naturalmente, il complesso di inferiorità».

C’ è una via d’uscita?

«Forse sì, il giorno in cui, nell’ora di italiano, l’insegnante proporrà queste considerazioni per sensibilizzare lo studente».













Scuola & Ricerca

In primo piano