L’INTERVISTA »CRISTINA ZAVALLONI OLTRE LA MUSICA
TRENTO. Prosegue con un concerto che coniuga jazz e musica colta, la Stagione dei Concerti della Filarmonica di Rovereto che quest’oggi ospita Cristina Zavalloni e l’OCM Jazz Acoustic String....
TRENTO. Prosegue con un concerto che coniuga jazz e musica colta, la Stagione dei Concerti della Filarmonica di Rovereto che quest’oggi ospita Cristina Zavalloni e l’OCM Jazz Acoustic String. Appuntamento alle ore 17 in Sala Filarmonica a Rovereto per il concerto a cui seguirà l’incontro di Momenti Musicali, inserito nella rassegna “Tutto comincia con un grido” del Comune di Rovereto. Il concerto prevede esecuzione di musiche di di Gershwin, Zavalloni, Gannon/Myrow, Ellington, Jobim/Zavalloni, Arcelli, Kern/Mercer, arrangiate per questa insolita formazione da Cristiano Arcelli. Ne parla la stessa Cristina Zavalloni.
Quale significato ha il titolo Songbook di questo concerto?
«Il concerto mi racconta a partire dal quartetto d’archi classico che mi accompagna e con cui si è composto questo particolare programma, grazie all’intuizione di Cesare Carretta, che spazia da brani jazzistici e miei originali ed altri che stanno in quel particolare luogo fra la musica colta e il jazz, che tanto mi rappresenta. Io provengo da un repertorio jazz ma ho anche origina colta. Trovo importante aver inserito brani di musical che considero l’evoluzione moderna dell’Opera, con il recitar cantando e le arie di grande popolarità».
Non solo musica, anche parole, di cosa parlerà con il pubblico?
«All’estero è una consuetudine, e sarà un momento aperto in cui potranno esserci domande inerenti il concerto, ma anche aperte. In occasione della “Giornata contro la violenza sulle donne”, si affronterà il tema. Per fortuna io non ho mai subito molestie. Certo anche quello musicale è un ambiente maschilista. Non è un pregiudizio, è una semplice constatazione che la percentuale di agenti, direttori d’orchestra, direttori artistici e manager sia assolutamente sbilanciata sul fronte maschile. Se ne prende atto, e si impara che essere donne può essere anche un punto di vantaggio. Nel senso che è ovvio che un’artista non nasconde la propria femminilità, e che questa fa parte dello stare su un palco».
Essere donna rende arduo emergere?
«Ho collaborato con tanti artisti anche importanti a livello internazionale e mi sono rifiuta di portare avanti progetti che trovavo anche molto stimolanti, era dovuto al fatto che avevano un problema di squilibrio nel rapporto tra musicisti e cantante. Quindi non è una questione di genere ma di ruolo. Se invece parliamo di genere, allora credo che ci sia in ballo il bisogno subconscio dell’uomo di esercitare un suo specifico potere, come volesse sempre rendere chiaro che sta comandando lui. Ma noi donne siamo molto brave a rendere liquido e farci scivolare addosso questo “bisogno di dominio” trovando il compromesso. Ho avuto quindi degli aut aut in cui mi si metteva di fronte ad un prendere o lasciare, il tutto perchè alla base c’era un problema di potere e dunque di gerarchie. Da giovane ti arrabbi poi impari a prendere il meglio di ogni situazione, ma fa parte dell’istinto di procreazione della donna, del portare comunque avanti la vita. Ho visto colleghe invece soccombere».
Quindi un conflitto che non ha soluzione?
«Io sono per la biodiversità, anche di genere. Siamo differenti e c’è bisogno di Ying e Yang, non voglio la parità se per parità si intende la rinuncia ad una propria specificità femminile e l’omologazione a paradigmi dell’ universo maschile, come quella che ho sperimentato in paesi del Nord Europa per esempio. Dico no perchè se giochi con le regole dell’uomo soccombi. Il perchè è presto detto: non fanno parte della nostra natura, che non prevede una scala di priorità ma la capacità di fare più cose contemporaneamente e avere una natura di madre e di donna impegnata nel lavoro. Non è facile ma è così».
Per le giovani donne che sembrano in crisi circa il femminismo cosa pensa?
«Sono mamma di una bimba di 4 anni e credo che le ragazze abbiano una libertà mai avuta, ma mancano di radici e questo confonde. Una libertà così assoluta fa paura e magari è questo che porta a fare dei passi indietro, i paletti danno sicurezze. Credo che dare tempo a mia figlia ma farle sentire come io sia felice e realizzata nel mio lavoro, le dia la giusta prospettiva di come realizzare una giusta femminilità e di cosa voglia dire lottare ogni giorno per la libertà che oggi ha una donna. A tal proposito a marzo debutta a Roma un nuovo progetto frutto del lavoro di recupero di un corpus di migliaia di brani musicali scritti da prigioniere dei lager, non solo nazisti, spesso scritti di nascosto su brandelli di carta a daremo prima vita pubblica in quanto mai eseguiti e raccolti in tutto il mondo. Brani che parlano di vita rubata, figli perduti, paure e condizioni di vita disumane».