Io, bracciante agricola torinese, pagata in nero 5 euro l’ora

“Io, bracciante agricola, pagata 5 euro al giorno in nero”. Lo sfruttamento non è solo nel Sud Italia ma anche al Nord. La storia di Martina Camporelli ne è l’esempio. Martina ha 29 anni, torinese,...


Paolo Tessadri


“Io, bracciante agricola, pagata 5 euro al giorno in nero”. Lo sfruttamento non è solo nel Sud Italia ma anche al Nord. La storia di Martina Camporelli ne è l’esempio. Martina ha 29 anni, torinese, laureata in legge, con il pallino del cibo e dell’agricoltura. Ha inviato il suo curriculum a un’azienda nel Torinese, a gestione familiare, “che da vent’anni porta avanti un’agricoltura di qualità”, dicevano. Ed è finita a raccogliere fragole e fagiolini in serra per cinque euro l’ora, in nero, per mezza giornata. Martina non ci è stata e se n’è andata dopo pochi giorni. È lei stessa che racconta quella esperienza sui social.

“Ho fatto la bracciante agricola per una settimana. Ho raccolto fragole e fagiolini in serra, per cinque euro l’ora, in nero, dalle 7 alle 12. I pakistani venivano portati nei campi a raccogliere il famoso asparago di Santena, sotto un sole cocente. A quintalate. La loro giornata lavorativa, quella sì che era ben più lunga e sette giorni su sette. Io mi fermavo alle 12, per scelta. Perché posso permettermi di scegliere. In media riempivo una cassetta da 3 kg di fragole in circa venti minuti. In quella cassetta c’erano 30 euro. In un’ora - invece - si raccoglievano 5-6 chili di fagiolini per un valore di 50-60 euro. Io ne guadagnavo 25 euro la giornata. Nessuno portava la mascherina, tanto meno me ne veniva fornita una. Il capo si preoccupava che facessimo delle pause - io e le altre due ragazze con le quali raccoglievo - per non svenirgli in serra. Le due chiedevano di poter lavorare in nero, per continuare a percepire il reddito di cittadinanza. Al mercato i proprietari hanno il banco nella zona dei contadini con la loro bandierina a sfondo giallo con la scritta verde, Coldiretti. Questa azienda - immagino non l'unica - vende molta merce acquistata ai mercati generali, quando i clienti sono indotti a pensare sia di produzione propria. «Per completare l'offerta», dicono. Il mese scorso - in carenza di manodopera nei campi del nostro paese per motivi che tutti sappiamo - Coldiretti ha inaugurato un portale online per fare incontrare domanda e offerta: aziende agricole bisognose e potenziali lavoratori. Mi ci sono iscritta, ad oggi non ho avuto nessun tipo di riscontro. L’unica cosa meritevole di attenzione per il capo è stata la mia laurea in legge, che ha forse destato qualche timore, o qualche perplessità. Nulla mi è stato chiesto durante il nostro breve incontro prima di iniziare la raccolta. Nulla se non due cose: se fossi sposata e quale fosse il lavoro dei miei genitori. Sul finire della settimana ho comunicato via mail - perché ogni volta che provavo a interloquire con i titolari mi veniva detto che non c’era tempo - che non mi sarei presentata nel weekend e che non avrei ripreso la settimana successiva, denunciando le condizioni. L’ultimo giorno - venerdì - nessuno mi è venuto a cercare, nessuno mi ha salutata, ma hanno mandato a dire di passare a ritirare i miei soldi. Hanno provato a mettermi in mano quasi il doppio di quello che avrei dovuto guadagnare, da me rifiutato, e sono tornata a casa. Credo fosse un modo per non farmi far questioni. Nel pomeriggio ho ricevuto una telefonata da uno dei titolari. Tra le tante opinioni scambiate, mi ha invitata ad andare a lavorare a Saluzzo e poi fargli sapere quello che avrei visto, insinuando che la situazione lì è ben peggiore. «È colpa del sistema, dei contratti, della stagionalità», mi ha detto. Non sua, lui fa quel che può e io sono capitata nel momento sbagliato, per un periodo troppo breve e complicato per capire. «In realtà non è come credi», mi ha detto. Ho fatto la bracciante solo per cinque giorni. Poi io ho deciso di oppormi a questo sistema e di dire di no. Purtroppo, c’è chi non può permettersi di dire di no. Sono fiera di me stessa. Per il mio percorso, per le mie scelte, per i no che ho trovato il coraggio di dire. Lunedì, a sostituirmi, ci sarà già una ragazza nuova. Quando ho deciso di andarmene, mi hanno detto che per raccogliere le fragole ci vuole pazienza. Ho risposto: a me non manca la pazienza per le fragole, manca la pazienza per rimanere in nero a 5 euro l'ora”. Martina ora lavora come baby sitter e il sogno di diventare imprenditrice agricola, per ora, è accantonato.















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