I magnifici 85 anni dello scrittore Joseph Zoderer 

Letteratura. Oggi il compleanno del grande autore sudtirolese Il suo romanzo “L’italiana” è nella lista Unesco delle eredità culturali


Paolo Campostrini


Bolzano. Di questi tempi Joseph Zoderer scrive solo poesie. «Mi metto sul balcone a guardare il cielo. Da settimane è così azzurro e limpido...». Ne ha scritte duecento. E ha un’idea quasi omerica a proposito dei versi: «Ragiono in epica. Ma la loro voce, quella dei versi intendo, non c'entra con la rima. C’entra con il mistero. Avverto che c’è una energia nuova nelle cose. O forse in me. E provo a farne energia lirica». Il libro che le contiene sarà nelle librerie tra un po’. Sta tra Terento e Brunico, come sempre "Pepìn"-Joseph”. E oggi che compie 85 anni si sente di dire subito una cosa, il nostro più grande scrittore: «Dico grazie a Dio. Per la mia vita e per il mio destino di uomo. E penso a me come ad un gatto. Che è caduto tante volte dal tetto e continua a farlo, imperterrito. Ma poi si alza e corre dritto sulle sue quattro zampe...».

È il più grande scrittore sudtirolese vivente ma anche il più conosciuto: 20 libri e 10 romanzi. Tutti in tedesco e moltissimi anche in italiano. L’ ultimo tradotto, “L’inganno della felicità”, uscirà tra qualche mese («spero in primavera o a giugno, quando saremo tutti più sereni») edito dalla Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi, con la quale ha uno straordinario rapporto dai tempi in cui la editor dirigeva Bompiani. È stato inserito dall’Unesco nella lista delle “eredità culturali”. Lo hanno fatto per merito della sua “Walsche”, perchè attraverso “L’italiana” si possono comprendere i nostri tempi e i nostri luoghi più che in mille conferenze.

Zoderer, come sta?

Io bene. Mi sono ritirato da settembre. Il tempo è bellissimo. E io mi sento come l’azzurro del cielo.

Che fa?

Scrivo poesie. Sarà il Covid, questa peste che ci circonda...

Le arriva in casa in che modo?

Primo, sono più consapevole della mia età. Che non è più molto romanzesca.

Per questo scrive poesie?

Anche.

E poi?

Mi arriva con la consapevolezza della mia, della nostra fortuna. Sto sul mio balcone a godermi l’aria e penso che in tanti, in questo preciso momento, non riescono a respirare. Sono soffocati dal Covid. Bloccati nelle terapie intensive e con l’ossigeno forzato. Ma poi penso anche ai bambini di Damasco. Ecco, per questo dico che siamo fortunati. Viviamo come su una nuvola in fondo: chi sta bene, chi non è in ospedale, mangia, beve, dorme al caldo...

Dunque si può dire che è felice?

Sì, si può dirlo. Anche perchè se non lo fossi, se non avessi coscienza di esserlo, sarei disonesto. E sleale col destino.

E queste poesie che si è messo a scrivere?

Quelle sono in mano al mio editore austriaco.

Che poesie sono?

Per me, epiche... Ci ho messo dentro una belle energia lirica. Ma non pensate alla rima. La poesia ha una voce misteriosa. Usciranno l’anno prossimo.

La sua “Walsche” è nelle antologie.

È stata una bella avventura. Pensi che la commisione italiana Unesco l’ha messa nella lista delle eredità culturali.















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