“EURORAMA”, due giorni sul cinema di comunità 

Sartori: «Abbiamo cercato di raccontare l’Europa con uno sguardo ampio»


di Maddalena Di Tolla Deflorian


Oggi (dalle 15 alle 21, si prosegue domani) al Cinema Modena è il giorno del cinema etnografico o antropologico, con la stimolante rassegna EURORAMA, curata insieme da Giovanni Kezich, direttore del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina e da Caterina Sartori, esperta di antropologia visuale e curatrice cinematografica per il Royal Anthropological Institute, promotore da trent’anni di uno dei festival di cinema etnografico più rinomati al mondo. Ancora una volta Eurorama porta il meglio del cinema etnografico contemporaneo all’interno del Trento Film Festival. Si tratta di film di alta qualità su spaccati particolari del vissuto umano, che difficilmente altrimenti un pubblico generalista potrebbe vedere. «Il cinema antropologico o etnografico non deve spaventare i non addetti ai lavori. Lo definirei un cinema di comunità, che racconta come le persone si organizzano per vivere insieme» spiega Caterina Sartori, raggiunta al telefono appena atterrata in Italia da Londra. «Abbiamo cercato di raccontare l’Europa con uno sguardo ampio, nella selezione. Quest’anno abbiamo scelto anche un taglio diverso dal solito, portando due lavori dedicati alle comunità di cura, ovvero a comunità non riconosciute da una lingua o un luogo geograficamente inteso di vita» racconta. Si riferisce allo straordinario “Seeing Voices” di Dariusz Kowalski, documentario che ritrae con rispetto e sensibilità la comunità di sordi viennese che si batte per uscire dal silenzio e per avere riconosciuto il diritto di esprimersi attraverso la lingua dei segni. Sartori cita anche “Warum Lacht Herr W.”, primo lungometraggio di Jana Papenbrook, un esperimento di cinema collaborativo, realizzato su e con tre artisti diversamente abili che nel corso del film illustrano la loro vita, arte e concezione del mondo. Si nota un buon numero di lavori in circolazione sul fenomeno delle migrazioni. Sartori risponde alla nostra domanda sul linguaggio usato per parlarne. «C’ è una moltiplicazione di modi di raccontare questo fenomeno immenso, credo che fra tanti linguaggi quello capace di raggiungere ciascuno di noi ci sia». Da segnalare in questa edizione anche: “Third Class Travel” del russo Rodion Ismailov, che porta gli spettatori a bordo del treno Mosca-Vladivostok, il tragitto ferroviario più lungo del pianeta, e con grande humor ne presenta il variegato campionario di passeggeri, creando così un ritratto polifonico della Russia contemporanea. Attenzione particolare è data alle produzioni italiane con l’ inclusione di due film già premiati dal pubblico al Festival dei Popoli di Firenze: il mediometraggio “L’ ultima popstar” di Claudio Casazza, Carlo Prevosti e Stefano Zoja, un’osservazione a tratti ironica della folla che attende la visita papale al parco di Monza, e “Aperti al pubblico” di Silvia Bellotti, che getta uno sguardo tragicomico all’ interno dell’ istituto che gestisce le case popolari partenopee.

La giornata offre poi una serie di presentazioni di libri. Alle 11, a MontagnaLibri, si presenta “Libertà incontro avventura” di Lia Beltrami Giovanazzi (edizioni Del Faro). Altro libro, tutt’altro argomento, arriva alle 15.30 al Giardino Botanico delle Viote (Monte Bondone): il poeta dendrosofo Tiziano Fratus porta stralci dal suo ultimo libro “Il Bosco è un mondo” (Einaudi). Alle 17.30, al Mondadori Bookstore: si parla di “Ritorno alle terre selvagge” di Francesco Lotta (Sperling & Kupfer). Ecco la storia: nonostante il lavoro tanto desiderato in una delle radio più seguite d’Italia: il protagonista avverte che qualcosa non va. Parte alla ricerca di sé ripercorrendo le tracce di Chris McCandless, protagonista di Into the Wild. Alle 18, a Palazzo Roccabruna, si presenta “Il diavolo generoso. La storia di Tita Piaz. Il diavolo delle Dolomiti” di Alfredo Paluselli (edizioni Dolomiti), con le vicende di uno dei personaggi più carismatici e amati delle Dolomiti. La giornata si chiude con due eventi. Torna Marco Albino Ferrari (ore 19, Spazio archeologico del SASS), raccontando l’affascinante figura della scrittrice scozzese Nan Shepherd, autrice del famoso “La montagna vivente” che per tutta la vita ha affrontato le alture dei Cairngorm, nella Scozia Meridionale, alla scoperta del loro straordinario ambiente naturale. Al Teatro San Marco alle 21, va in scena lo spettacolo teatrale “Un alt(r)o Everest” di e con Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi. Racconta la storia vera di Jim Davidson e Mike Price, due amici, che in cordata nel 1992 decidono di scalare il Monte Rainier, negli Stati Uniti. Il sogno di una vita non sarà la conquista di una vetta, ma un cammino dentro al loro legame.















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