Disoccupazione? Macchè, a mancare adesso sono i lavoratori

Dieci anni fa c’erano i lavoratori ma non c’era il lavoro. Oggi al Nord c’è il lavoro ma non ci sono i lavoratori. Al Nordest la situazione è ancora peggiore. Lo studio della Cgia di Mestre, l’Associa...


Paolo Tessadri


Dieci anni fa c’erano i lavoratori ma non c’era il lavoro. Oggi al Nord c’è il lavoro ma non ci sono i lavoratori. Al Nordest la situazione è ancora peggiore. Lo studio della Cgia di Mestre, l’Associazione artigiani e piccole imprese, scatta una fotografia quasi impietosa: si rischia il declino per mancanza di manodopera. E, così, viene meno il ricambio generazionale.

Il 32,8 per cento degli imprenditori italiani dichiara che è difficile trovare personale, soprattutto qualificato. La situazione pesa ancora di più nei primi mesi del 2020, dopo un trend occupazionale positivo nel 2019.

Fra le regioni più in difficoltà svettano Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Umbria e, al quarto posto, Veneto.

A Trieste la difficoltà a coprire posti di lavoro incide per il 45,5 per cento nella ricerca di nuovo personale, a Vicenza per il 44,6 per cento, a Reggio Emilia per il 42,7 per cento e a Piacenza per il 40,5 per cento.

In Veneto la situazione è peggiore: la mancanza di personale pesa per il 20,2, per cento a causa di carenza di candidati, il 14,9 per cento per una preparazione non sufficiente e figure non idonee rispetto alle richieste.

A Vicenza e Treviso un’assunzione su due è di difficile reclutamento. Notano alla Cgia che vi è uno scollamento fra scuola e mondo del lavoro per i profili più richiesti e occorre correre ai ripari, mentre le qualifiche più basse sono spesso coperte da stranieri.

Il contratto più utilizzato per l’ingresso nel mondo del lavoro è ancora l’apprendistato. Gli istituti tecnici superiori, invece, hanno un tasso di occupazione più dell’80 per cento dopo un anno dal diploma. È, quindi, falso che i giovani non vogliano lavorare o non si adattino a lavori sottodimensionati rispetto al loro titolo di studio. Anzi. Laureati e diplomati, secondo la ricerca, si adeguano a un’occupazione meno qualificata, pur di trovare lavoro. Offerta e domanda di lavoro, infatti, non sempre vanno di pari passo e succede che vi siano figure di diplomati e laureati che l’industria privata non riesce ad assorbire, perché sono posizioni professionali che, in questo momento, non servono e non si riesce a collocare.

«L’offerta di lavoro - afferma Paolo Zabeo, direttore del Centro studi della Cgia - si sta polarizzando: da un lato gli imprenditori cercano sempre più personale altamente qualificato, dall’altro figure caratterizzate da bassi livelli di competenza e specializzazione».

Le figure che scarseggiano di più sono: tecnici informatici, addetti alla vendita, esperti di marketing, progettisti, ingegneri, data analyst, tecnici specializzati per i moderni macchinari, ma pure cuochi, camionisti, operai metalmeccanici ed elettromeccanici.

Anche la busta paga incide sulla scelta. L’Osservatorio JobPricing del gruppo Adecco colloca il Veneto al settimo posto con un reddito annuo di 29.473 euro nel settore privato, mentre la media nazionale è di poco inferiore: 29.352 euro. Emilia Romagna e Trentino Alto Adige vanno un po’ meglio. Il primato spetta alla Lombardia con una media di 31.472 euro annui.

I giovani laureati e altamente specializzati saranno anche in fuga verso l’estero, ma un numero sempre maggiore si sposta in regioni dove la retribuzione è più alta e le offerte di lavoro più qualificate.

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