Andrea Castelli: «Stavolta faccio fatica a essere positivo» 

Intervista all’attore. Toccherà a lui l’onere e l’onore di riaprirel’attività teatrale in Trentino Dal 15 al 19 giugno al Sociale di Trento andrà in scena “Meraviglia” e il 4 luglio sarà a Pergine «Per i nostri decisori la cultura, come la scuola, sono state l’ultima ruota del carro»


Katja Casagranda


Trento. Doppio appuntamento quello con Andrea Castelli a cui spetta l’onore e l’onere, inteso come responsabilità, di inaugurare ben due stagioni estive, la ripresa delle attività a Teatro Sociale di Trento ma anche la riapertura degli spettacoli a Teatro di Pergine Valsugana. Due appuntamenti a giugno che vogliono dare un messaggio positivo di ripresa e di passi verso il ritorno ad una certa forma di normalità. E proprio Andrea Castelli, certo l’attore regionale più noto visto il lungo sodalizio con il Teatro Stabile di Bolzano, racconta l’emozione di tornare in scena dopo la quarantena. Si ricorda che gli spettacoli a Trento e Pergine Valsugana, vengono proposti in ottemperanza a tutte le norme di sicurezza con il contingentamento del pubblico fino al raggiungimento del numero limite con cui garantire la sicurezza sanitaria di ospiti e personale. A tal riguardo è consigliata la prenotazione del posto e del biglietto d’ingresso.

Ben due stagioni che per ripartire puntano su Andrea Castelli, qual è l’emozione?

Sono emozionato sicuramente ma anche felice di rimettere in moto non solo l’ambiente culturale ma anche lo staff. Usciamo da un periodo difficile, per non infierire, e abbiamo davanti un futuro incerto, per cui siamo felici di tornare a lavorare. Si riparte con due lavori molto differenti. A Pergine il 4 luglio sarà un incontro prudente che include storie da virus con pezzi di repertorio in un recital che improvviso e un repertorio nuovo. A Trento, dal 15 al 19 giugno, invece debutto con “Meraviglia” lo spettacolo che è stato annullato in primavera e di cui stiamo approntando le prove, anche se con titubanza.

In che senso?

Per tutti gli inconvenienti e le incertezze di lavorare all’aperto. A Teatro Sociale che si apre sulla piazza, che fungerà da platea per il pubblico, dopo mesi di sole, potremmo dover combattere con il protrarsi di questa pioggia che mette a rischio le serate

Serate, quindi più repliche?

Si ben quattro repliche che mi vedranno salire sul palco assieme alla squadra e soprattutto il mio partner artistico Emanuele Dell’Aquila che è anche la spalla di Paolo Rossi che come il pubblico teatrale sa è in scena a Bolzano. Quindi avrà una doppia prova di tenacia perché sarà sul palco a Bolzano alle ore 18 poi scenderà in macchina a Trento per affiancarmi sul palco di Teatro Sociale. Ma per lavoro si fa questo ed altro.

Cosa si racconta nello spettacolo di Trento?

Ho fatto una seduta psicoanalitica solitaria e ho buttato fuori le mie paure infantili. Raccontandole le esorcizzo e nel frattempo ci ridiamo su insieme. A queste affianco storie e brani cantati da Emanuele Dell’Aquila che si accompagna alla chitarra e che mi accompagna in sottofondo alle mie parole. È bello lavorare con un artista umanamente così profondo, sensibile, cortese ed educato, qualità difficili da trovare al giorno d’oggi.

Paure infantili come quella del buio o di addormentarsi alla sera?

La paure quelle che ci hanno indotto come quelle inculcate dalla religione, tipo che se ridevi troppo andavi all’inferno per esempio. Io il primo anno di scuola adoravo le doppie e le mettevo dappertutto fino a che la maestra mi ha intimato che non andavano distribuite “alla carlona”. Tutti noi avevamo le zie che parlavano solo di disgrazie e tragedie. Insomma un mondo che non c’è più, diviso dal guado della televisione, quella che entrò nelle case con lo sbarco sulla Luna che per noi rappresentò il futuro, un futuro di cui eravamo sicuri ci sarebbe stato e che i giovani d’oggi invece faticano a vedere o a sperarci.

A Pergine?

Porto un recital chiacchierata, un collage fra fatti che sono successi in Valsugana e riflessioni su questo periodo, una scaletta a braccio con improvvisazione. Uno spettacolo più aperto e in divenire, ma ho ancora del tempo per pensarci. è un lavoro che sto mettendo insieme, anche se ora dovrà concentrarmi sulle prove dello spettacolo di Trento. Essendo però uno spettacolo a canovaccio prenderà forma molto sull’ispirazione del momento ruotando attorno a fatti di questi ultimi mesi magari con pezzi di repertorio che si incastrano bene e coerentemente.

Quale riflessione sul mondo del teatro fra Covid19 e post quarantena?

Sono molto preoccupato perché il teatro si è rivelato per la classe dirigente come l’ultima ruota del carro per una politica che poco considera la scuola ed ancor meno il teatro. Sono tempi difficili in cui si deve stare attenti anche ai commenti e alle dichiarazioni che ti etichettano da “comunista” ma avrei voluto che si fosse fatto ricorso all’Autonomia per una gestione meno dipendente da Roma. Visto che abbiamo l’Autonomia sarebbe potuta essere una risorsa che non è stata colta. Ma al giorno d’oggi si deve stare attenti a ciò che si dice.

Il futuro?

Non sono un astrologo ma comincio a perdere fiducia nel genere umano dopo questa performance legata all’epidemia e tutto ciò che ne è conseguito. Abbiamo forse imparato a lavarci le mani, che avremmo dovuto saper già fare, ma non abbiamo imparato tanto altro. Non abbiamo imparato ad essere persone migliori, a trovare soluzioni migliori, a fare progetti migliori, a sognare un mondo migliore e poi realizzarlo. Ripeto che faccio fatica ad essere positivo e comincio a perdere fiducia













Scuola & Ricerca

In primo piano