Al di là della frontiera c’è Giorgio Romagnoni

Un racconto disegnato per riflettere sui conflitti e pensare ad un’ Europa davvero senza confini Dalla storia del bisnonno Carlo sul Brocon ai volti dei soldati abbruttiti dal fronte


di Fausta Slanzi


Finché un giorno ti capita tra le mani un racconto disegnato intenso di quelli che assorbono l’attenzione e ti fanno dimenticare il contesto strampalato delle nostre vite. Un numero campeggia in prima pagina, 14, il titolo, “Al di là della frontiera”, sostiene la foto in bianco e nero con alberi messi a nudo dall’inverno, un cielo plumbeo che termina in un orizzonte meno scuro, quasi illuminato, una strada bianca non reale, dirige verso il confine tra terra e cielo.

Sotto il nome dell’autore: Giorgio Romagnoni, un giovane laureato in giurisprudenza da poco con tanta passione per il disegno, l’impegno civile, che ha “a cuore il bene comune e l’integrazione europea”. Non ha ancora trovato lavoro come tanti, troppi, suoi coetanei, collabora qua e là in ambiti non proprio giuridici ma comunque attinenti alla sua voglia di immergersi nel mondo e, in attesa di tempi migliori, coltiva la sua passione di disegnatore e di acuto osservatore.

La storia comincia con un’intensità che solo un buon segno, parole giuste e impaginazione attenta possono sortire: un piccolo riquadro con una montagna sullo sfondo bella, quasi selvaggia come il Passo del Brocon, fra l’altipiano del Tesino e la Valle del Vanoi, un altro stretto pannello con tre uccelli in volo. Ta-pum, lo scoppio, il 3 giugno di 97 anni fa. “Carlo?” “Carlo mi senti?” “L’ha preso in pieno una scheggia!!!”. Una striscia quasi quadrata, bianca, vuota: “Carlo! Riesci a vedermi? Carlo?”. Un altro riquadro: abbozzati occhi, naso e labbra, “aveva 21 anni”. Un secondo pannello con, sul lato verticale, l’abbozzo dell’orecchio, i capelli e una scritta “Il mio bisnonno Carlo durante la Grande Guerra è diventato cieco”.

Uno spazio grande in mezzo al foglio, il ritratto di un giovane ragazzo sereno, desunto da una foto di famiglia scattata prima che partisse per il fronte. A fianco: “Non ha mai potuto guardare negli occhi sua moglie e i suoi figli”. Sotto una striscia a tutto foglio… “l’ultima cosa che ha visto sono stati degli uccelli bianchi” … mentre saltata la mina di Passo Brocon sulla frontiera. Ma che cos’è una frontiera? Giorgio Romagnoni si avvale delle parole di R. Kapuscískíil grande maestro del giornalismo internazionale: “L’avvicinarsi di una frontiera aumenta sempre l’eccitazione, intensifica l’emozione. La gente non è fatta per vivere in situazioni di frontiera, cerca di sfuggire o di liberarsene prima possibile. E tuttavia non fa che imbattercisi, trovarle e sentirle ovunque. Prendiamo l’atlante universale: frontiere su frontiere… Quante vittime, quanto sangue, quanto dolore legati alla questione delle frontiere! Sconfinati sono i cimiteri degli audaci che tentarono di allargare le loro. Praticamente metà degli abitanti del nostro pianeta, morti sul campo di battaglia, hanno reso l’anima in guerre suscitate da questioni di frontiere. …” (“Imperium”). E poi le Tofane, le 5 Torri, l’Isonzo, la Polonia, Stalingrado, Verdun tutte zone di guerra, frontiere, grandi battaglie e poi pezzi “animati” tratti da “L’ultima estate dell’Europa di D. Fromkin e “La storia di Tömle” di Mario Rigoni Stern. Due riquadri piccoli a fronte, il profilo di un uomo stanco “Invece Tönle Bintar prima di fare l’alpino zappatore era stato anche soldato scelto nella Landwehr nelle terre di Boemia e Budejovice” e - a fianco - stesso profilo ma sguardo più assente “Quando dopo 4 anni venne congedato e ritornò a casa, il suo paesino aveva cambiato padrone: al posto di Checco Beppe c’era Vittorio Emanuele”.

Ancora: tanti sguardi di soldati, tutti con la stessa triste, svuotata espressione, diverse solo le divise e i berretti. Le cartine dell’Europa divisa dalle frontiere, piccoli pannelli con gli sguardi, riconoscibili, dei più conosciuti dittatori europei, Hitler, Stalin, Franco, Mussolini, Salazar, Boris III … E, ancora, la cartina d’Europa del dopoguerra, la frontiera che diviene cortina di ferro.

Le violenze di strada ad Est e ad Ovest del Muro di Berlino, con la linea di demarcazione che spezza il racconto e poi Lech Walesa, Gorbacëv e poi Srebrenica, Belgrado,Vukovar e l’Ucraina degli anni Venti e l’esercito ucraino a Donetsk nell’estate scorsa, e Lampedusa con il canto eritreo, le ragazze kurde sul fronte di Kobane. «… allora anche i Muezzin di Sarajevo sono Europa, anche i monasteri sui monti della Moldavia, anche i villaggi degli ebrei Bielorussi, anche il fulvo microcosmo oltre i Tatra, anche Istanbul… (“è Oriente”, Rumiz). Anche i due milioni di profughi siriani nei campi turchi… perché ci siamo dimenticati tante cose, ci siamo dimenticati “anche noi se sputeremo in faccia alle frontiere giorno e notte …».

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