AMBIENTE

Tav, una montagna di materiale di scavo. Milioni di metri cubi a Sardagna e Mattarello

 Affollata assemblea nel sobborgo, e arriva la verità: discarica riaperta, migliaia di camion in tangenziale, «ma non ci sarà Pfas nello smarino»


Andrea Tomasi


TRENTO. Una ferita aperta nella comunità, una ferita aperta nella montagna, una ferita aperta nel serbatoio della fiducia verso la pubblica amministrazione. A Sardagna si parla solo della «maledetta discarica» che il Comune di Trento aveva deciso di chiudere e stralciare dal Prg, e che ora invece si prepara a riempire con parte del materiale di scavo del bypass ferroviario.

Nel paese che si affaccia sulla città e che si può raggiungere in funivia tanti abitanti sono arrabbiati col sindaco Franco Ianeselli e con l'assessore comunale alla transizione ecologica Ezio Facchin. Il Comune è tornato sui propri passi e così l'ex discarica ora è destinata ad ospitare 640.000 metri cubi di materiale: il risultato dello scavo per realizzare il tunnel a doppia canna che attraverserà Trento da nord sud.

Parliamo di rocce e terra che saranno estratti dalle quattro mega frese che dovrebbero iniziare a lavorare fra poche settimane.

I metri cubi che arriveranno a Sardagna saranno 640.000, quelli che usciranno all'imbocco nord. Altri 800.000 metri cubi di terra e roccia saranno depositati poco lontano dall'imbocco sud, a Mattarello, in località Grezzi. Infine una parte verrà trasportato a Sarche, per essere trasformato in cemento per il cantiere al cementificio Italcementi-Heidelberg.

Il punto è che un'ampia fetta del materiale di risulta non sarà pulito, ma in buona parte inquinato dagli additivi necessari per fare il lavoro. Si calcola che quello non sporcato e reso inutilizzabile sia circa il 30%.

Il progetto bypass è promosso da Rfi (Rete ferroviaria italiana) e sposato dalla Provincia a autonoma e dal Comune di Trento. Si tratta di un tracciato di 14 km, di cui 12 in galleria: entrata a Trento Nord, dopo essere passato sopra le aree contaminate ex Sloi ed ex Carbochimica; uscita all'Acquaviva di Mattarello. Il tutto ad un costo di un miliardo e 270 milioni di euro, con finanziamento del Pnrr a cui, in teoria, con altri soldi da individuare, fra qualche anno si dovrebbe avviare un altro progetto, quello dell'interramento della stazione ferroviaria attuale (ma per ora «non un euro è stanziato per l’interramento della linea attuale»). Intanto si apre il cantiere bypass (tempo di consegna annunciato: giugno 2026).

Giuliano Franzoi, dirigente progetto mobilità del Comune, nell’affollata assemblea pubblica di giovedì sera, ha assicurato che negli additivi chimici necessari per lubrificare i motori delle frese e per velocizzare il lavoro, non saranno contenuti i Pfas, sostanze perfluoroalchiliche molto pericolose per la salute (impermeabilizzanti che potrebbero essere messe al bando dall'Ue a causa della loro tossicità; il contatto prolungato può causare tumori, infertilità, sviluppo anomalo dell'apparato geniale maschile dei bambini, patologie della tiroide e del sistema nervoso).

L'ingegner Franzoi lo ha detto nel corso del confronto pubblico promosso dal Circolo Acli di Sardagna. Accanto a lui c'era Lorenza Forti, capo «Ufficio qualità ambientale» del Comune.

I due tecnici hanno accompagnato l'assessora al bilancio Mariachiara Franzoia che il sindaco ha spedito a Sardagna, dopo aver invitato le Acli ad aggiungere un posto al tavolo dei relatori per dare voce alla giunta comunale. Moderati dal giornalista Walter Nicoletti, protagonisti della serata sono stati Claudio Geat, ingegnere nonché presidente della Circoscrizione Centro Storico - Piedicastello, che si oppone dal primo giorno al progetto di bypass in sinistra Adige; Martina Margoni (Rete dei Cittadini) ed Elio Bonfanti (Movimento No Tav, uno dei ricorrenti al Tar in quanto abitante di San Martino).

Pubblico numeroso e agguerrito, quello della sala dell'oratorio. Roberta Degasperi ha letto alcuni stralci della delibera del consiglio comunale del 19 gennaio 2021 in cui si era stralciata l'ex discarica di Sardagna dal piano rifiuti. Un atto considerato necessario dai residenti dopo che quel pezzo di terreno - utilizzato per anni dalla società Sativa - finì sotto la lente della pm Alessandra Liverani della Procura della Repubblica di Trento. Eravamo negli anni 2007-2011. Liverani, con il nucleo investigativo Nipaf di Vicenza del Corpo forestale dello Stato guidato dalla allora vice questora Maria Principe, scoprì che alcune cave e discariche del Trentino erano destinazione finale di un traffico illegale di rifiuti pericolosi e non conformi, nella fattispecie rispettivamente Cava Zaccon a Matter di Roncegno e la discarica di Sardagna nel Comune di Trento. Dove fu trovato di tutto, comprese sacche di sangue e rifiuti organici ospedalieri.

Fiducia ferita, dicevano, perché la riapertura del "bacino" di Sardagna (per ora solo annunciato) viene visto come un secondo tradimento.

Il ricordo degli anni dell'inchiesta della Procura è ancora vivo nella memoria. «Per questo - ha detto la consigliera circoscrizionale Giuditta Berloffa - sarebbe stato intelligente e rispettoso da parte della pubblica amministrazione entrare in punta di piedi nella vicenda della possibile riapertura della discarica. Cosa che non è stata fatta».

Il timore - a fronte dell'emorragia di fiducia, un taglio che sanguina dal 2011 - è che si possa assistere ad una replica dell'incubo «sostanze pericolose» vissuto più di dieci anni fa.

L'assessora Franzoia ha difeso l'operato del Comune. Ha ricordato che ora c'è l'Osservatorio Ambientale e ha detto: «Non potrei pensare che c'è malafede. Noi non abbiamo tutte le competenze. Quelle che abbiamo le abbiamo messe a disposizione. Io voglio continuare ad abitare a Trento e voglio continuare a girare a testa alta e salutare i miei concittadini».

Come dire: se non fosse opera buona e giusta non sarei qui a metterci la faccia.

Ma alle promesse di controlli puntuali a Sardagna, dove i cittadini sono stati «scottati», non ci si crede più o perlomeno non ci credono più i tanti abitanti accorsi giovedì sera al confronto pubblico promosso dalle Acli.

Le rassicurazioni dei tecnici non sono considerate sufficienti e, come se non bastasse, in prospettiva si calcola un aumento spaventoso di camion per il trasporto del materiale. Un grande camion ogni dieci minuti, per tutto il giorno (e la notte?), sulla tangenziale di Trento. Che già è intasata a ogni ora. Si teme per la discarica. Si ha paura che ci finiscano di nuovo sostanze non conformi a quanto prescrive la legge in materia di difesa della salute e dell'ambiente.

«I controlli sul materiale scavato, che pulito non è, si deve fare prima, non a deposito avvenuto. Se scavi in aree contaminate devi bonificare tutto il terreno, non solo un pezzetto (il riferimento è al passaggio dei binari sulle aree inquinate di Trento Nord)» ha detto Elio Bonfanti dei No Tav.

«Tutte le volte che ci avete detto qualcosa - ha tuonato - siamo andati a leggere le carte e abbiamo scoperto che dicevano il contrario di ciò che avevate detto voi».

Si chiede che i controlli sul materiale scavato siano eseguiti da Appa, e non dalle Ferrovie. Si chiede che i camion vengano «geolocalizzati» con sensori.

In definitiva, si chiede assoluta trasparenza: sono passate poche settimane da quando l’assessore provinciale all’ambiente, Mario Tonina, ha dichiarato che a Sardagna non è previsto lo stoccaggio di materiali della Tav. E giovedì sera, invece, la parziale conferma...

 













Scuola & Ricerca

In primo piano